Mille Miglia - dalla Sardegna alla Turchia

Nel mare della Costa Smeralda si vedono moltissime grandi barche, sia a vela che motore che sembrano limitarsi a navigare tra la Liguria, Corsica e la Costa Smeralda, quando sono piu’ che attrezzate per eventualmente scoprire tutto il Mediterraneo. Forse e’ per timore che non si avventurano in Tunisia, Spagna, Malta ed oltre. Come incoraggiamento vorrei raccontare la trasferta della mia barca a vela in Turchia.    

Dopo molti anni di navigazione attorno alla Sardegna ed in lungo e largo per tutto il Mar Tirreno, compreso Tunisia e Malta, ho avuto l’idea di trasferire la barca (un Jeanneau Sun Odyssey 43DS) ad un punto lontano, la Turchia, e poi lentamente nei prossimi anni, tornare alla base di Porto Cervo attraverso la Grecia e la Croazia.

Dopo molte preparazioni, sono partito con l’amico Luigi alle ore 19.30 del 20 Aprile. Soffiava un forte Maestrale forza 7, che pero’ si e’ via via affievolito a 25-30 nodi mentre scendevamo sottocosta dopo Tavolara, permettendoci di mantenere un andatura veloce.

All’altezza di La Caletta, verso la mezzanotte, abbiamo puntato sud-est per l’isola di Ustica. Il vento calo’, ma ha lasciato un mare confuso con onde alte tre metri. Quella stessa notte, aihme’, e’ scomparso un navigatore solitario olandese che stava raddoppiando Capo Teulada all’estremo sud della Sardegna.

Arrivammo ad Ustica il mattino, dopo un viaggio di 223 miglia, di 38 ore e due notti in mare, per fare rifornimento e qualche riparazione. Poi un’altra navigazione in notturna per Milazzo in Sicilia, pescando lungo strada nel buio un tonno Alalunga di 10 kg. Qui ci raggiunse il nipote Marco e partimmo per Messina a soli 25 miglia, “dietro l’angolo”. 

Il mare era calmo, ma verso lo stretto il vento raggiunse 51 nodi, scaraventandoci addosso la schiuma del mare, che ci azzuppava ed ci accecava. Con la sola vela tormentina e motore acceso, la barca ci condusse in piena sicurezza al riparo del porto di Messina, superando egregiamente i mostri omerici di Scilla e Cariddi. Ovviamente grande soddisfazione e grandi mangiate di tonno fresco. 

La prossima tappa era lunga, di 250 miglia, di due giorni e due notti fino ad Agrostoli, Cefalonia in Grecia. Il radar e’ d’obbligo per tutte le barche che navigano di notte, per evitare incontri pericolosi con le navi in transito, di cui bisogna stare sempre in guardia e, naturalmente, stare sempre agganciati alla barca.

In questa traversata, oltre ai delfini e tartarughe, avevamo spesso compagnia di diversi uccelli che scendevano in barca per fare un riposino prima di riprendere il loro volo dall’Africa all’Europa.

Ad Agrostoli non ci e’ stata chiesta alcuna formalita’ da parte delle autorita’ locali, essendo la Grecia entrata recentemente a far parte dell’Europa. Ma poi vedremo piu’ in la’, che la parte orientale della Grecia era ancora all’oscuro di questo avvenimento storico e ci hanno fatto penare con le pratiche burocratiche. Ma la Grecia e’ bella e prendiamo tutto con filosofia. 

Da Cefalonia prendiamo la scorciatoia a nord del Peloponneso in un mare chiuso, calmo e deserto, per fare una tappa a Patras. Siamo a 716 miglia da Porto Cervo; passiamo sotto il modernissimo ponte Steno Rion, attraversiamo il mare di Corinto, per poi fare l’emozionante passaggio all’alba del Canale di Corinto, per uscire nel mare di Atene.

     

Facciamo una prima tappa per rifornimento a Vouliagmeni, un bel marina per i grandi yacht dei ricchi Ateniesi, ma ci siamo incappati nelle feste pasquali, che in Grecia sono interminabili, con tutto chiuso, tranne bar, ristoranti e night-club. Abbiamo aspettato giorni, prima di trovare un tassista disposto a fare la spola al benzinaio con dei bidoni.

Finalmente potemmo riprendere la navigazione e passammo sotto il promontorio di Seunion, dominato da uno spettacolare tempio antico greco. Poi verso il temibile stretto di Kafiréa, paragonabile alle nostre Bocche di Bonifacio, ma quel giorno era in quiescenza e l’unica inconvenienza era un brusco stop, con una massa di cordame attorno all’elica. Un coraggioso tuffo di Marco, visto il freddo, l’ha liberato.

Tirammo dritti per la bellissima piccola isola Psara, con il suo sonnolente villaggio di pescatori, tutto bianco ed azzurro. Pranzo meritato di aragosta, anche per mitigare il solito sapore di tonno (avendo inoltre pescato un bel tonno pinna gialla) che ormai l’avevamo mangiato in tutte le salse.

L’ultima tappa greca era Mitilini sull’isola di Lesbos, un vivace, colorato paesino turistico, le cui autorita’ sono molto in guardia di che va o viene dalla vicina Turchia, che e’ a soli 9 miglia. Usciti formalmente dalla Grecia, facciamo l’ultimo salto verso la destinazione, cambiando la bandiera di cortesia ed issando la bandiera gialla di richiesta di formalita’ doganali, essendo la Turchia ancora fuori dell’Europa.

L’accoglienza ad Ayvalik, dopo due settimane e 1000 miglia di navigazione, era cortese e le pratiche doganali sbrigate efficientemente dal modernissimo marina del gruppo Setur. Ho lasciato la barca qui, provvedendo a far installare un serbatoio delle acque nere, essendo questo obbligatorio nei mari della Turchia.

Con la moglie Mabi, siamo ritornati due volte nel corso dell’estate, per iniziare a scoprire le meravigliose coste turche, con le infinite insenature disabitate e protette e moltissime antiche rovine greco-romane, semi-nascoste tra gli olivi e le sterpaglie.

I marina della Turchia sono all’avvanguardia ed il loro concetto del turismo nautico potrebbe essere d’esempio alla Sardegna. (Per saperne di piu’- Una rotta per il turismo nautico sardo: www.l-camillo.com/activity/Articles/rotta.htm 

Lorenzo Camillo

Articolo per The Coast

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