Fin dall’antichità il Mediterraneo è stato una grande “autostrada del
mare”, che ha permesso ai popoli limitrofi di percorrerla per lungo e per
largo. Oggi, più che mai, con le barche moderne, più sicure, attrezzate di
strumenti elettronici che fanno il navigare d’altura quasi un gioco da
ragazzi, il turismo nautico sta infatti vivendo un boom senza precedenti. In
Europa ogni anno vengono prodotte decine di migliaia di nuove barche da diporto,
la maggior parte destinate a solcare il Mare Mediterraneo.
La Sardegna, situata al
centro del Mediterraneo occidentale, è collegata via mare con tutti i porti del
Mediterraneo e sino al Mar Nero ed alla Russia, toccando 26 nazioni. Però deve
essere in grado di dare accoglienza a tutti questi potenziali visitatori che
circoleranno in Mediterraneo sempre più numerosi, mentre attualmente le
attrezzature ricettive portuali della Sardegna sono molto limitate. Infatti il
turismo nautico si ferma quasi esclusivamente in Gallura, dove ci sono dei
marina parzialmente accettabili. Nel resto della Sardegna c’è una grave
penuria di approdi sicuri e comodi.
Il navigante
internazionale invece è abituato a marina di alto livello qualitativo, sia
sotto l’aspetto del comfort che della sicurezza e pertanto bisogna conoscerlo
e saperlo conquistare. Ci sono infatti tre tipi di imbarcazioni di cui tenere
conto nella promozione del turismo nautico e nella progettazione dei marina:
1) la barca a vela,
che va per la maggiore, in quanto può coprire grandi distanze, spinta dal vento
a costo zero, ad inquinamento zero (tradizionalmente il velista è ecologista e
rispettoso dell’ambiente). Ma i marina, per via del pescaggio maggiore delle
barche a vela, devono essere di adeguata profondità.
2) Il motor yacht ed
il motoscafo consumano molto carburante e quindi sulle grandi distanze se ne
vedono in minor numero per via degli alti costi. E’ necessario pertanto
prevedere punti di rifornimento con grandi capacità. Attualmente sulle coste
sarde ci sono pochi punti di rifornimento e spesso sono privi di carburante,
creando seri problemi anche alle barche a vela.
3) I maxi e
mega-yacht, che hanno bisogno di grandi punti d’attracco e servizi
logistici a terra.
C’è comunque da tener
presente che la lunghezza media e la larghezza delle barche da crociera è molto
cresciuta nell’ultimo decennio, in quanto con le innovazioni tecniche è
possibile manovrare e gestire barche sempre più grandi con equipaggi sempre più
ridotti (vedi autopilota, elica di prua, winch elettrici, strumenti elettronici
a basso costo ecc).
I porti ed i marina
devono avere tutte le necessarie attrezzature, infrastrutture e servizi, il
tutto di altissimo livello qualitativo ed ubicati in prossimità del porto. Per
contro, tranne pochissime eccezioni, i marina sardi sono caratterizzati da
strutture lontane dai centri abitati (Porto Conte, Porto Teulada, Villasimius,
Porto Corallo); sono costituiti da moli di sopraflutto pericolosi, sia per le
barche che per le persone (Gala Gonone); sono senza assistenza all’ormeggio e
senza ascolto alla radio VHF; hanno una semplice baracca in legno per le docce
ed i WC; niente acqua e luce in banchina ed assenza di lavanderie, di gru, di
cantieri nautici, supermercati e fornitori di carburante.
Come è possibile
competere con il resto del Mediterraneo che si sta attrezzando sempre di più?
Ormai il turista medio
gira tutto il mondo con voli charter, in alberghi a 5 stelle, quindi è abituato
a stare bene e nel lusso ed i marina all’estero, in Spagna, Croazia, Grecia e
Turchia si sono attrezzati con moderne strutture all’avanguardia. Si stanno
muovendo perfino la Tunisia, il Libano ed anche la Libia, dove in quest’ultima
si sta progettando il marina più grande del Mediterraneo.
In Turchia ci sono dei
marina che superano Porto Cervo in efficienza ed in lusso (Yalikavak
*, D-Marin
a Turgutries **) e si sta ancor più attrezzando in previsione del suo
eventuale ingresso in Europa e per lo spostamento dell’asse turistico verso
est, che è già in atto.
D-Marin
Yalikavak
Con tutte le barche che
approdano in Gallura, sono pochissime quelle che si avventurano oltre Olbia o
Santa Teresa o che fanno la circumnavigazione della Sardegna (da intra-prendere
comunque in senso anti-orario) – per il semplice motivo che è pericoloso: non
ci sono sufficienti ripari naturali e mancano i porti!
Quindi, se la Sardegna
vuole partecipare attivamente al turismo nautico, che porterebbe turismo di
qualità e quindi ricchezza a tutta la Sardegna, compreso l’interno, dovrà
attrezzarsi con una serie di approdi, distanti tra le 20, e le 30 miglia
nautiche l’una dall’altra, raggiungibili comodamente in una giornata di
navigazione (mediamente, in Croazia sono distanti 15 miglia). Ma devono essere
porti sicuri, al riparo dal forte Maestrale e ben studiati, per evitare, ad
esempio, l’insabbiamento che rende inutilizzabili porti come Buggerru.
Dove non esiste un borgo
vicino al porto, bisognerebbe crearlo per rendere la sosta più gradevole e
confortevole, possibilmente con un architettura che rispetti la tradizione
sarda.
Come ben noto, per
decine di secoli il popolo sardo ha dovuto fuggire dalle coste e dal mare per le
incursioni piratesche a cui era soggetto, costringendolo a ritirarsi
all’interno dell’isola. Infatti ci sono poche città importanti sulla costa
e mancano quasi del tutto i villaggi dei pescatori, se non quei pochi fondati
dai Ponzesi e dei Genovesi (Golfo Aranci e Carloforte).
Ora i tempi sono
cambiati e quel pericolo non c’è più, quindi i Sardi dovrebbero
riavvicinarsi al mare e riprendere quello che gli appartiene e gli spetta.
Oltretutto, hanno il mare più bello del mondo e oltre a goderselo potrebbero
anche approfittare della ricchezza che può offrire loro.
I popoli della Croazia,
Grecia, Turchia e Tunisia per contro, hanno sempre avuto una stretta relazione
con il mare, essendo veri popoli marinari, pescano, nuotano, navigano, vivono il
mare ed hanno una miriade di paesini di pescatori sul mare, con il proprio
porticciolo. I loro lungomare sono il punto focale del villaggio ed è vissuto
appieno dalla gente locale, con le passeggiate prive di auto, con i tanti
locali, bar, ristoranti e negozi, situati proprio ai bordi dell’acqua,
offrendo uno scenario affascinante per il turista proveniente dalle grandi città
fredde del nord.
Dove non ci sono
spiagge, vengono create delle terrazze-pontili sull’acqua con sdraio ed
ombrelloni e scalette di accesso al mare e tanti piccoli ristoranti a pelo
d’acqua.
La Sardegna deve
competere con questi paesi e poiché non ha veri villaggi costieri di pescatori,
ne lungomare attrezzati, dovrà pensare a crearli, come è stato fatto a Porto
Cervo, anzi potrebbero essere migliori, con passeggiate lungomare più belle ed
attraenti.
Si dovrà senz’altro
sburocratizzare e semplificare le leggi ed i vincoli demaniali ed avvicinare così
la gente al mare. Oggi, ottenere l’autorizzazione per un piccolo pontile per
accedere al mare è pressoché impossibile.
Ma se il mare è di tutti, non si dovrebbe dare la possibilità di
accedervi?
Bisognerebbe inoltre
liberalizzare le licenze commerciali, onde incoraggiare la libera concorrenza e
la varietà dell’offerta, che rende più interessante il villaggio e migliora
la qualità dei servizi. Il contingentamento delle licenze invece produce
monotonia, servizi scadenti e prezzi alti, basta vedere la differenza tra la
vivacità di Porto Vecchio e Bonifacio in Corsica e l’eccessiva sobrietà di
Santa Teresa e Palau in Sardegna.
Agevolare lo sviluppo
turistico nautico non significa cementificare le coste, ma scegliere solo alcuni
siti, i più adatti dove costruire, o completare, le necessarie
infrastrutture e lasciare intatto tutto il resto. La natura è la nostra
risorsa principale e quindi va protetta e conservata. Ormai la maggior parte
delle coste mediterranee è compromessa, se non addirittura distrutta, mentre la
Sardegna è avvantaggiata, con molte delle sue bellissime coste ancora allo
stato primitivo, che sono una forte attrazione per il diportista.
Molto sensato è il
modello corso, che protegge le coste, permettendo la costruzione soltanto in
prossimità dei villaggi esistenti e sarebbe modello d’adottare in Sardegna,
con le poche necessarie eccezioni.
Chi possiede barche di
una certa grandezza in grado di navigare in alto mare, è benestante e di buon
livello culturale, ama la natura ed apprezza tutto quello che la Sardegna ha da
offrire oltre al mare: la sua ristorazione, l’artigianato, la produzione
alimentare, la storia, l’archeologia, il folklore ed il turismo, portandolo a
scoprire l’interno dell’isola.
Ha necessità del
noleggio di auto, di taxi e di visite guidate, servizi di lavanderia, lavaggio
barche, riparazioni meccaniche, veliche ed elettroniche, negozi di nautica (ship-chandler),
custodia barche, sicurezza, grandi approvvigionamenti alimentari, carburante,
acqua, internet ecc. La popolazione locale ne ha solo da guadagnare, anche nel
periodo non estivo, con le regate, e con i lavori e la custodia delle barche nei
cantieri navali.
Il turismo di massa,
invece non produce ricchezza; porta solo degrado ed inquinamento. I voli
low-cost e le vacanze tutto-compreso, portano solo low-profit alla popolazione
locale e spesso anche degrado culturale (fast-food scadenti, bancarelle di
imitazioni di artigianato sardo fatto in Asia, i butta-dentro che importunano i
passanti ecc.).
Pertanto bisogna puntare
in alto, con meno turisti, ma di superiore qualità, l’impatto ambientale sarà
inferiore e la resa economica superiore.
Ci sarebbe inoltre una
serie di accorgimenti che migliorerebbero la qualità e sicurezza del turismo
nautico:
Un atto di civiltà e di
conservazione della natura sarebbe l’obbligatorietà dei serbatoi delle acque
nere in tutte le barche oltre i 10 metri (cosa già obbligatoria per legge anche
in Turchia) e di WC chimici in quelle più piccole. Dove non sono presenti le
adeguate attrezzature, lo scarico può avvenire oltre le due miglia dalla costa.
La Sardegna potrebbe
dare l’esempio all’Italia e fare un passo importante contro l’inquinamento
lungo costa e nei porti, rendendo i serbatoi obbligatori per le barche che
vorranno entrare in acque sarde.
Un altro regolamento
urgente è il limite di velocità massima di 10 nodi entro i 500 metri dalla
costa, per proteggere i bagnanti e le piccole imbarcazioni. La momentanea
distrazione dello skipper domenicale alla guida di un panfilo che sfreccia a 30
– 40 nodi, è troppo spesso fatale per il malcapitato che naviga con la sua
piccola barca o che nuota anche non lontano dalla spiaggia. Si evita così anche
la scia che crea l’onda pericolosa che infastidisce e danneggia perfino le
persone in spiaggia.
Si dovrebbe seguire
l’esempio delle altre nazioni che, piuttosto di interdire completa-mente la
sosta in alcuni punti dei parchi marini, permettano il loro godimento, ma ben
regolato e controllato. Il servizio di campi boe fornisce un ancoraggio sicuro,
che non danneggia i fondali.
Per proteggere la “Spiaggia Rosa” di Budelli e la sabbia cristallina di Is Aruttas, si potrebbero adottare le precauzioni usate in Turchia alla “Spiaggia di Cleopatra”, dove è permesso l’accesso alla spiaggia (a pagamento), ma è obbligatorio passare attraverso un sistema di docce prima di lasciare la spiaggia, al fine di non asportare neppure un granello di sabbia.
La torre di controllo accanto alla doccia obbligatoria
(vedere altre foto
delle strutture a www.mediterranean-yachting.com/Turkey/cleopatra.htm
)
E’ stato constatato
che il fare pagare l’accesso alle barche al Parco di La Maddalena, ha
prodotto come conseguenza, l’abbandono dell’arcipelago da parte di molte
barche, spingendole ad affollare le baie fuori del parco, dove c’è meno
ricambio di acqua, con l’aggravamento dell’inquinamento costiero. Si è
semplicemente spostato l’inquinamento dalle isole alla terraferma.
I yacht all'ancora davanti a Liscia Ruia in Costa Smeralda
Quindi, per garantire un
flusso di barche omogeneamente distribuito, si dovrebbe evitare di far pagare
alle barche l’accesso ai parchi ed eventualmente applicare un biglietto
d’ingresso generale ai mari della Sardegna, al limite facendolo diventare un
unico grande parco marino.
L’aver proibito
l’avvicinamento entro un miglio dall’isola da parte di tutte le barche da
diporto (se non con una insignificante eccezione) significa l’aver sottratto
un’importante attrazione turistica al turismo nautico della Sardegna. Il
diportista che non può visitare l’isola dell’Asinara, se non su un barcone
locale a pagamento, ci rinuncia e non ha alcun interesse a visitare Stintino, o
se vi si trova, di restarci più di una notte. Quindi, per favorire una
categoria di operatori (barconi a pagamento), si è danneggiato tutte le altre
(negozianti, bar, ristorante, servizi nautici ecc.).
Inoltre, le barche che
devono procedere verso la costa occidentale della Sardegna e che non se la
sentono di attraversare per la sua pericolosità e difficoltà, il passo dei
Fornelli tra l’isola e la terraferma, dovranno circumnavigare l’Asinara ed
affrontare il vento e mare grosso che proviene dal Golfo di Leone, spesso
agitatissimo. Negare la protezione che offrirebbero le insenature
dell’Asinara, è una forte limitazione al diporto ed è disincentivante a
proseguire oltre.
Quindi Alghero e il
resto della costa occidentale è tagliata fuori da una importante fetta del
turismo nautico.
E’ quindi auspicabile
l’apertura dell’Asinara al turismo nautico, alle barche dotate di serbatoi
di raccolta delle acque nere, che devono ormeggiare ad appositi gavitelli dei
campi boe da installare nelle varie insenature e poi naturalmente, soggette a
severe regole e controlli per l’equipaggio che eventualmente scende a terra.
Lo stesso discorso vale anche per la salvaguardia delle acque della Pelosa
dall’inquinamento dalle barche all’ancora.
E’ alquanto
sorprendente che la capitale della Sardegna, porto di tradizione millenaria e
con grandi potenzialità turistiche, non abbia un suo moderno porto turistico,
rimanendo tagliato fuori da un importante flusso turistico nautico.
E ancor più dispiace
constatare che una delle coste più interessanti per il diportista, la zona di
Capo Teulada, sia vietata per causa del vincolo militare. Trattandosi
dell’estremo sud dell’isola, questa zona è soggetta a forti venti ed alle
mareggiate, che rendono essenziale l’utilizzo delle insenature come rifugio
alle imbarcazioni di passaggio e quindi andrebbero liberalizzate.
Lo scorso Maggio una
barca a vela olandese è affondata proprio in questa zona durante un fortunale,
con perdita dell’equipaggio.
Tutti i Comuni
dovrebbero fare più attenzione alle “pulizie di casa” e tenere più pulite
le strade, le piazze ed i litorali, questo per inquinare meno e per rendere il
paesaggio più attraente ed accoglienti per il visitatore. Molto utile sarebbe
prevedere decenti servizi igienici pubblici in tutti i paesi ed in prossimità
delle spiagge e porre fine al campeggio selvaggio delle roulotte che si vede
lungo molte coste della Sardegna
* www.mediterranean-yachting.com/Turkey/yalikavak.htm
** www.mediterranean-yachting.com/Turkey/d-marin.htm
Lorenzo Camillo
12 Settembre 2005
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www.mediterranean-yachting.com/Galana-River/index.htm
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