Buddusò
 

IL NURAGHE ERRERE

Ad oltre un'ora di distanza da Buddusò (vi si giunge per sentieri serpeggianti e viottoli scoscesi) sorge, su di un alto cuccuzzolo tondeggiante, a 700 metri sul mare, il nuraghe « Errere », che da il nome a tutto il territorio. Il nuraghe che in parte ha subito le iattura del tempo ed anche della mano vandalica dell'uomo, è costruito in grandi massi non squadrati, a blocchi naturali, a scheggioni grezzi, disposti quasi a filari poliedrici abbastanza compatti. Il torrione ha l'altezza di m. 6 e il diametro di circa m. 9 alla base. La porta d'ingresso misura m. 1,25x 0,86 e l'architrave con al di sopra la feritoria di scarico, è formato da un poderoso masso granitico lungo m. 1,70; alto cm. 70 e largo cm. 65.

Dopo la porta si passa all'andito di uno stretto corridoio lungo m. 3,20, praticato entro lo spessore della muraglia, coperto da una falsa cupola a calotta con massi messi a contrasto quasi come una travata. La cella circolare ha m. 3,50 di diametro e 4,70 di altezza. Nell'interno, praticate entro lo spessore della muraglia, vi sono la scala che conduce al terrazzo e tre nicchioni a strombatura, a distanze simmetriche, di forma triangolare, alti m. 1,80 e larghi alla base cm. 85. In tondo al nicchione di destra, presso la scala, si apre una buca che immette in una voragine inesplorata, profonda e tetra. Questo ampliamento è segno evidente dell'intendimento di rafforzare la difesa e di dar maggior spazio protettivo.

Il paramento della parete interna è costruito con pietre di medie dimensioni, a corsi quasi regolari, abbastanza compatti e con gli interstizi riempiti di zeppe e scheggio aguzze. L'inclinazione del cono è abbastanza accentuata.

La cupola si conserva ancora in ottimo stato; manca solo la lastra di pietra, spessa e piatta, che copriva il lucernaio, la cui apertura misura cm. 20X25. Dalla base del terreno, a destra della porta d'ingresso, si innalza a piano inclinato, un ripieno sorretto da enormi massi bruti leggermente ricurvi, che arriva quasi al livello del piano del terrazzo. Questa accessoria tecnica costruttiva è dovuta al trasporto del materiale di costruzione e poi per il libero accesso al piano superiore.

Questo nuraghe, al par di tutti gli altri sparsi per la Sardegna, è lo specchio della vita indipendente del popolo sardo. La Sardegna nuragica è il testimonio parlante di uno dei più notevoli sforzi collettivi che siano mai stati compiuti da una razza, per procurarsi il pacifico possesso della propria terra, presa di mira dalla minaccia di assalti esterni, sempre più gravi quanto più nota si faceva la ricchezza minerale e la dovizia agricola e pastorale del paese.

Il nuraghe « Errere » occupa una posizione strategica di primo ordine. La sua ubicazione è stata scelta in località elevata e dominante per una accurata vigilanza del luogo. Attorno si presenta una vera catena di edifici nuragici, oramai distrutti, disposti a non grandi intervalli l'uno dall'altro come sentinelle avanzate e collegate a difesa del vasto territorio.

Il vasto orizzonte è circoscritto dai monti di Lula, di Oliena, di Dormali, di Nuoro, del Gennargentu, di Bonorva, di Monte Rasu, Usaspera, Lerno, Sos Balastreris fino a Monte Zintu di Ala dei Sardi.

Dal terrazzo del nuraghe Errere si vedono ad occhio nudo i paesi di Anela, Bui tei, Bono, Bottida, Burgos, Illorai, E'enetutti, Nule, Osidda, Pattada, Ploaghe e il promontorio del distrutto castello Malaspina che sovrasta il paese di Osilo.

Il secolare saccheggio compiuto dai ricercatori di tesori è servito a portare alla luce reperti non privi d'interesse, che andarono a finire parte nelle mani degli antiquari e parte furono irreparabilmente dispersi. Certo che i reperti archeologici non dovevano difettare in un tale edificio di carattere militare. Il colossale incendio che, pochi anni fa, ha devastato tutte le nostre campagne, causando danni ingenti e insanabili, ha messo a nudo l'imponente complesso di ruderi che, da tempo immemorabile, erano coperti da una fìtta coltre di prugnoli, di ceppale, di alberi secchi e di sterpi spinosi.

Dalla massa di materiale che rappresenta la rovina non solo di una semplice torre nuragica, ma di altri edifìci aggiunti, a pianta circolare, venne scoperta una accetta di selce, di color nero, singolare per la insolita vivida lucentezza, che da l'aspetto di uno smalto. La lama appuntita alla parte superiore per adattarvi il manico a spacco, ha il tagliente arcuato. Dalla struttura appare chiaramente che l'opera di uno strumento guidato dall'intelligenza umana, è stato chiamato ad operare su questa pietra.

L'accetta presenta le tracce di un accurato ritocco. Ai lavori di smussatura, raschiatura e levigatura, servì forse una semplice scheggia bruta opportunamente scelta.

Al primo periodo dell'età litica, ossia della pietra, sono da annoverarsi i rozzi prodotti di arte umana, le pietre grezze e meno pulite, che annunziano l'infanzia dell'arte, al secondo periodo appartengono le ascie di selce, di basalto e di altre pietre dure. L'ascia forata si può dire tipica specialmente della fase eneolitica. Numerosissime sono le ascie di lavoro che servivano per lo scavo delle tombe ipogeiche.

Nelle grotte artificiali di Anghelu Ruju, presso Alghero, si trovarono numerose ascie smussate o spezzate e scheggiate a causa dell'accanito e paziente lavoro. L'ascia ben faccettata e sagomata che è stata rinvenuta presso il nuraghe « Errere », appare consona con le esigenze di un uso multiforme. Essa non richiama un emblema, non un oggetto di parata o di combattimento, ne di culto, ma bensì un'arma tagliente che s'impone per gli scopi d'uso quotidiano, fruendo di lunga vita anche molto tempo dopo l'avvento del metallo.


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