I
resti di un nuraghe che doveva essere imponente si trovano nella regione
«Borucca», a circa 3 km. dal paese, a sinistra della strada nazionale
Buddusò-Alà dei Sardi, su un promontorio alquanto elevato costituito da
enormi nodi di roccia granitica. Sul promontorio, che si eleva come un
bastione, non si può salire che a stento da un solo lato. Dallo spiazzo
su cui s'innalzava la severa ed imponente costruzione nuragica, si gode un
ampio panorama. La posizione strategica può rendere plausibile e meno
ardua l'ipotesi che il nuraghe potesse servire a scopo I costruttori, in un piccolo spazio di terreno dovettero
affrontare un arduo problema di vuoti: nicchia di guardia, andito,
corridoio, camera e scale che formavano un insieme megalitico di grande
imponenza ed importanza. Esso era in vista e dominava i nuraghi di «
Oddastra », « Iselle », «Ruju», «Monte Intulzu », «Culto», «
Sena », « Monte Ladu », « Sant'Umbrosu », « Santa Sebustianu », «Ololviga
» e « Intro e Serra» in territorio di Ala dei Sardi. Questi undici
nuraghi, ieri sentinelle vigili di un ampio territorio ricco di fauna e di
flora, oggi sono in massima parte smantellati, diruti, in rovina o
scomparsi. Presso il nuraghe « Borucca » esisteva un importante
villaggio nuragico, di cui rimane ancora un immenso crollo di pietre, una
valanga di detriti. A questa inesauribile cava di ottimo materiale per
recingere e murare le proprietà terriere si attinse con abbondanza. Parte
di questo materiale, raccolto durante lo spietramento per la bonifica del
terreno, servì per cingere di muri a secco vigne, orti e tanche. Tra il
pietrame dell'opera di muratura, casualmente vennero scoperti tre grossi
blocchi di roccia vulcanica porosa, di color rosso cupo che costituivano
la parte convessa rasposa i piedestalli grezzi di mulini a mano. Le macine
concave col relativo cono ove si buttavano i chicchi per essere macinati,
sono scomparse, forse per opera dei Il movimento lento e continuo della macina manuale non
riscaldava, rendeva poco, però produceva una qualità migliore di farina.
Nei tempi antichissimi il grano per il cibo doveva prepararsi
frantumandolo e quindi impastandolo con acqua per farne una specie di
rozza focaccia che, forse, veniva cotta, su pietre arroventate come fanno
popolazioni primitive viventi e come sembra aversene traccia in alcune
piastre sottili, spianate e corrose dall'azione del fuoco, trovate
casualmente sul posto. Nella stessa zona, presso il nuraghe Borucca », si erge
maestoso un blocco massiccio di granito alto m. 5 largo m. 6,80. In
origine la parte anteriore, a due L'ingente lavoro di scavo, l'architettura di questo ipogeo
monumentale, risale al periodo della prima diffusione dei metalli
nell'isola. In questa « domus de janas » si ha il risultato di una
evoluzione e denota le conseguenze della formazione di potenti nuclei
famigliari alle dipendenze di capi tribù, capaci di imporre ai loro
dipendenti un lavoro di maggior mole. Le celle si aprivano a molta altezza dal piano roccia
pianeggiante, inaccessibile senza scala. Per l'ampia porta, con leggera
rastremazione, si accede alla prima cella che misura m. 1,60 per 1,50 con
m. 1,10 di altezza. Nel pavimento è scavata la solita fossetta per le
periodiche offerte e libazioni che si facevano durante le cerimonie
funebri. Per una porticina, alquanto ristretta, si passa alla
seconda cella alta m. 1,07, lunga 1,85 e larga m. 1,25. Le pareti delle
due celle, sprovviste di loculi sono eseguite con finezza d'arte da
sembrare levigate. L'accurato e diligente lavoro denota la venerazione
verso il defunto che aveva la sua estrema dimora in questo ipogeo scavato
nel masso con dispendio così grande di lavoro e con un carattere
architettonico così deciso. Da tempo immemorabile il mammellone tondeggiante non si
trova più al suo posto d'origine. Una forza arcana, dovuta forse alla
violenza del fulmine o all'erosione distruttiva delle acque piovane, lo ha
distaccato con taglio netto, dalla grande massa granitica e, oggi, giace
quasi riverso su nodi di roccia basaltica. Le due celle hanno resistito
all'urto, son rimaste intatte, solidamente unite, e non hanno subito
screpolature, ne scrostature. Non molto lontano da questo ipogeo scavato nella dura
pietra ed elevato a dignità di sacrario, sorge l'antica fonte che serviva
per l'approvvigionamento idrico Le pareti s'inclinano dal basso verso il sommo, con una
leggerissima curva che ne restringe il vano. La chiusura era data forse da
lastroni orizzontalmente disposti o costruita a cupola, a corsi di
ciottoloni con molta terra e scheggiarne interstiziale. Non è molto profonda la parte sotterranea, di forma
circolare, destinata a tenere l'acqua, fresca, cristallina e leggera che
trabocca nell'inverno e non dissecca
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