II Canonico Parroco della Cattedrale Teologo Filippo Bacciu, nel concistoro del 30-11-1896, dopo la morte di Mons. Gorrias avvenuta a Ghilarza, in esilio, lontano dalla sua sede, venne da Leone XIII, preconizzato Vescovo di Ozieri.
Quando i raggi del sole dai riflessi d'oro mandavano il
primo bacio alle marcate cuspidi dei monti Sa Pianedda e Ololviga, e
incominciavano a illuminare Anche ad Ozieri la sua elezione fu accolta da tutti i
cittadini con vivo entusiasmo. Autorità civili e militari si trovavono
tutti uniti nel festeggiare il nuovo pastore. Un'immensa fiumana di popolo
plaudente lo accolse con fervide manifestazioni di giubilo. Nella Cattedrale, parata a festa e gremita di fedeli,
ricevette la consacrazione episcopale da Mons Antonio Maria Contini,
Vescovo di Ampurias e Tempio, Il neo eletto scelse per stemma: due angeli svolazzanti in atto di baciarsi con fraternità d'intenti, e impugnanti con le destre, uno l'emblema della giustizia: la spada, l'altro quello della pace: il ramoscello d'olivo, con il moto: Justitia et pax osculata sunt. (la giustizia e la pace si sono baciate). Psalmus 84 II
Il novello pastore successore di luminose figure di
vescovi, si rese ben conto del grave peso del suo pastorale ed attinse
sopratutto dal Cielo quelle forze che la sola natura, per quanto
felicemente dotata, non poteva assolutamente prestargli. Pose la nuova
dignità al servizio delle anime, procurando sempre più di alleviare le
miserie materiali e morali di quelle popolazioni affidate alle sue cure. Dio guidava dolcemente e misericordiosamente le file degli
avvenimenti per mettere sul candelabro questo lume fulgente, che stava
sotto il moggio e che ben presto avrebbe irradiato lontano lo splendore
delle sue virtù e della sua prudenza, il miele della carità, l'energia
della giustizia, la ricchezza della pietà, la serenità della pace. Questa elezione venne a spandere immediatamente un
atmosfera di quiete e di gioia non solo tra i canonici del capitolò, ma
di quanti gradatamente ne appresero la notizia. Come ritrovò la sua sposa? Così, come l'arca del Signore,
custodita nei tabernacoli, tutta decoro e santità, troppo lontana da
quella gloria che le era riserbata ai tempi di Salomoue. I suoi
predecessori l'avevano curata con zelo e dotata di qualche ornamento; ma
era riserbato a Mons. Bacciu di abbellirla e sollevarla a dignità di «regina
che stesse in piedi alla sua destra, adorna di aureate vesti e circondata
per ogni intorno di varietà » Psalmus 44, II. Parleremo in seguito di preziosi drappi per coprire pareti,
altari di marmo, tabernacoli di metallo, apparati pontificali, degni del
sacrificio, paramenti Dio l'aveva creato Vescovo per essere il consigliere e il
confidente dei sacerdoti, affidati alle sue cure. Non gli restava che di
uniformarsi e di prepararsi. Da quel momento tutti i bisogni di 24
parrocchie e di decine di migliaia di abitanti pesavano Quel che maggiormente gli premeva si era di infondere nel
cuore del clero il disgusto per le cose della terra che generano
dissensioni, e lotte e accendere il desiderio di quelle superne, che
inondano lo spirito di soavità, d'armonia, di pace. Per questo nelle
riunioni tenute nell'aula capitolare o nell'episcopio, faceva alta sentire
la sua parola di padre e di maestro. E durante i suoi discorsi
l'attenzione del clero e i loro cuori venivano conquisi e trascinati dalle
parole che lo Spirito del Signore metteva sulle labbra di lui, e che
avevano un' unzione ed un allettamento speciale. Era notevole in lui un vivissimo ardore per le discussioni
che vertevano su questioni di principio: le accompagnava però con una
visibile benevolenza verso gli avversari, ai quali si affrettava a dare i
segni dell'usata cordialità, per mostrare quello che sentiva in cuore. Ogni qual volta riuniva i suoi sacerdoti li esortava con
molto spirito e infondeva nelle anime un grande fervore e possedeva il
segreto inestimabile di sapersi cattivare i cuori anche nelle reprensioni. Ad un parroco che riferendogli un giorno l'infelice
riuscita di una salutare iniziativa in seno ad una società religiosa, si
lamentava perché «il diavolo ci aveva messo la coda » egli rispose : «qualche
volta siamo noi che non ci mettiamo la testa». Ad un altro che faceva sfoggio di abbondante ricchezza
della sua cantina, gli troncò la parola in gola dicendogli di rimando: «cantina
ricca, chiesa povera». L'umanità, virtù socievole, era propria del
Vescovo. Chi più umano di lui? A niuno era negato Sull’esempio del Divino Maestro amò teneramente tutti e
con imperturbabile serenità sapeva adattarsi all'indole, al genio,
all’inclinazione di ognuno. Qualche volta ha dovuto cedere alla dignità
per essere soprafatto dalla umanità. Tutti i sacerdoti da lui consacrati,
sanno quanto egli si sia prodigato per la loro educazione spirituale,
morale e culturale. Tutti coloro che l'hanno conosciuto ne portarono attraverso
la vita un fedele e costante ricordo. Visitava spesso il seminario. Amava
tutti i seminaristi con affetto paterno, però aveva una predilezione
particolare per i giovani che si sentivano chiamati ad abbracciare la
vocazione ecclesiastica. Che fa nel suo studio l'artista? Prende la materia grezza,
la contempla col lampo dei suoi occhi, la scruta minuziosamente in tutte
le parti, la sviscera: poi misura di un balzo tutto il paziente lavoro dal
quale dovrà uscire il fantasma di bellezza che egli vagheggiava nella
sacra fiamma del suo genio creatore. Inizia la sua opera, da il primo
colpo, con polso fermo, deciso, e continua il suo lavoro attento,
paziente, con lo sguardo fisso al modello della sovrana beltà ch'egli
vuol riprodurre. Così il nostro Vescovo, nella diffìcile arte della
formazione religiosa, dell' educazione ed elevazione delle anime a Dio,
meditava, modellava, scolpiva e Penetrava nel cuore dei giovani che non abbandonava mai, ne
dirigeva la facoltà, disciplinava la volontà, suscitava in loro sensi di
generosità e li avviava verso una meta che ne assicurava la tranquillità
di coscienza. Nel seminario voleva che tutti formassero un uomo solo,
un/anima sola. Il preside era il padre, i superiori erano altrettanti
fratelli, gli alunni i fratelli minori. Voleva che la vigilanza fosse
ispirata all'amore e alla soavità. Raccomandava ai superiori l'amore agli
alunni per guadagnar la mente ed il cuore, allo scopo di piegarli
dolcemente al bene, ed ottenerne il timore, la confidenza, la docilità.
Con tali norme, era solito dire, anche i discepoli meno buoni, i
diffidenti, i difficili, i discoli, attirai i dalla bontà paterna, si
lasciano piegare e vincere diventando obbedienti, studiosi e buoni amici.
E’ sempre col bene che si vince il male: «vince in bono malum ». Mons. Bacciu fu anche fervido missionario della crociata
mariana per la conquista del mondo a Gesù per mezzo di Maria, coi mezzi
che Ella ci ha indicato: mezzi che rappresentano, da una parte, quel
minimo di meditazione e di orazione vocale richiesta dai Dottori San
Tommaso e Sant’Alfonso per la salvezza eterna, dall’altra quella dolce
scuola mariana insegnata da Manfort che è la più efficace per indurci
all'imitazione di Cristo. Chi ama Iddio nella persona di Gesù, ama anche quella
donna bella e pura, che nei disegni dell' Eterno fa destinata ad essere
Madre del Verbo e a partecipare al mistero della redenzione del cenere
umano. Maria è un nome caro alla cristianità. Dal tenero frutto di un amore materno, che nei vagiti della
culla cominci a balbettarne il nome, fino al cadente vegliardo che ne
invoca con fiducia la I santi non han potuto disgiungere l'amore di Dio da quello
della sua Vergine Madre perché sono come due note che si sprigionano
dalle corde frementi di una medesima arpa, armonizzanti in un solo ritmo. Questa divina armonia assorbiva in un unico affetto tutte
le potenze spirituali del nostro Vescovo che ebbe sempre, il pensiero ed
il cuore, rivolti a Maria la cui figura scolpita sul candido marmo
troneggia sull'altare maggiore della sua bella cattedrale. Con sfarzo liturgico ne solennizzava con amore le feste e
ne raccomandava a tutti la divozione pregando particolarmente le giovani
di ascriversi tra le Figlie di Maria, agli uomini di dare il loro nome
alla società dell'Immacolata, ed accrescere il numero dei confratelli
della Vergine del Rosario. Inculcava, per primo in diocesi, la massima venerazione
alla Madonna del Sacro Cuore; e chiamava i fedeli a raccolta per prender
parte a tridui, settenarì, novene e pellegrinaggi indetti in onore della
Vergine delle Grazie, di Loreto, di Monserrato, del Carmelo e del Rimedio
le cui statue rendono sacre le chiese omonime che circondano Ozieri: città
di Maria. Infervorava il popolo a moltiplicare lo zelo per il ritorno
di tante anime a Dio, e non tralasciava di indire solenni riti di
ringraziamento in onore della Divina Missionaria che in tutte le vicende
più trepide della storia, fu sempre accanto al suo popolo, Incitava gli animi a confidare nella divina misericordia più
volte sperimentata nella storia degli ultimi tempi, nei quali Iddio ha
fatto vedere che dopo tanti mali ha suscitato tanti beni: dopo il
protestantesimo la controriforma del Concilio di Trento, In un discorso tenuto nella cattedrale, denunciava con
coraggio, la subdola persecuzione condotta allora in Italia contro
l'insegnamento religioso nelle In un altro discorso inveì contro le società segrete che
tentavano di minare l'unità della Chiesa, in cui, tra l'altro, affermava
che «si ferisce proprio questa unità, quando si nega ai cittadini
credenti la libertà di lede e di coscienza». «Noi - concludeva -
resteremo irremovibilmente fermi, avvenga ciò che può avvenire nella
nostra fede che Gesù Cristo è la nostra via, la nostra verità, la
nostra vita, ora e sempre». Aveva il cuore sensibilissimo al triste annunzio della
perdita di una persona cara. Quando vedeva spezzati dalla morte i vincoli
di parentela o di amicizia, nata dalla comunanza degli stessi ideali,
provava un intenso dolore, però era sempre pronto a Squisita pure era la carità del Vescovo verso le persone
alle quali doveva riconoscenza e gratitudine. E la sua azione benefica si
occupò anche del bene Ogni qual volta usciva, dall'episcopio, la sua felicità
era di incontrare i bambini. Come il Divino Maestro, egli aveva una
predilezione spiccata per la fanciullezza. Volentieri avrebbe detto «lasciate
che i pargoli vengano a me «ma non vi era bisogno, poiché gli andavano
spontaneamente incontro; a gara gli correvano dietro, lo circondavano
chiassosi e sorridenti e pieni di gioia baciavano l'anello, sia pure col
nasino un po sporco. Per tutti aveva la solita esortazione: «Fate da bravi....
ubbidite i vostri genitori.... frequentate la chiesa, il catechismo, la
scuola, allontanate i cattivi compagni..., pregate, pregate sempre». l-camillo.com |