Filippo Bacciu - Vescovo di Ozieri

  

Tramonto Luminoso

Young, poeta inglese, autore del famoso poema «Le notti», scrisse: La nostra nascita non è che la nostra morte incominciata».[1] Concetto ripetuto dal Poeta, romanziere, critico francese Gautier che dice: «nascere è incominciare a morire».[2]

Verità predicata, prima di qualsiasi altro uomo, dalla sacra scrittura, che ci avverte: «tutti i giorni moriamo.»

Non a torto Dryden, celebre poeta inglese, dice: «il mondo è un albergo e la morte è la fine del viaggio».[3] Ed il suo collega nord-americano Longfellow, giudica:«non vi è morte! Ciò che così sembra è un semplice passaggio»[4] E lo storico moralista greco, Plutone, dice che: «la morte dei giovani è un naufragio, quella dei vecchi è un approdare al porto».[5]

Mos. Bacciu, durante la sua esistenza, ripeteva a sé stesso: ricordati che devi morire e per richiamare alla mente questa grande verità, aveva sempre davanti agli occhi, sulla scrivania, un teschio umano modellato sul gesso.

La morte quindi lo colse d’improvviso ma non impreparato.

Fin dalla nascita, cioè quando incominciò a morire nell’albergo paterno s’era preparato per raggiungere il porto.

La mattina del giorno 8 maggio 1914, seconda domenica di quaresima, Mons. Bacciu, aveva assistito alla Messa solenne e ascoltata la predica quaresima­lista. Il celebrante, vestito degli abiti di penitenza, con voce chiara lesse l’introito: Ricordati, o Signore, delle tue misericordie che sono eterne, affinché i nostri nemici non abbiano mai a dominarci: liberaci, o Dio d’Israele, da tutte le nostre afflizioni»[6]

Il suddiacono intona: «Vi preghiamo e scongiuriamo nel Signore Gesù, che, avendo da noi appreso in qual modo dobbiate diportarvi per piacere a Dio, così vi diportiate, affinché progrediate sempre più»[7]

Il diacono canta: «In quel tempo, Gesù presi con se Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello, li condusse sopra un alto monte, in disparte. E si trasfigurò in loro presenza, e il suo viso risplendé come il sole, e le sue vesti divennero bianche come la neve»[8]

I cantori intonavano: «Le tribolazioni del mio cuore si sono moltiplicate: deh! o Signore, liberami dai miei affanni »[9] Beati quelli che osservano la legge ed in ogni tempo praticano la giustizia. Signore, visitaci con la tua salvezza».

Il predicatore declama: «Che importa all’uomo se guadagna tutto il mondo e perde l’anima ?».

Tutta la liturgia del giorno aveva tonalità profetica.

Il Vescovo, ritto sulla sua persona, alzò gli occhi in alto, distese le braccia con ampio gesto, come se volesse stringere in paterno affetto, tutti i diocesani presenti e lontani, e impartì l’ultima solenne benedizione con una tenerezza vasta come la Provvidenza.

Il sacrista si aggirava tra le navate della chiesa raccogliendo l’obolo di San Pietro.

Quando il degno presule, ancor profumato d’incenso, uscì dalla cattedrale, una luce dolcissima lo baciò in fronte e la brezza che passava con la tenuità di un sospiro, sembrava che gli dicesse: addio!

Le prime rondini, senza garriti, svolazzavano in alto, su per il cielo dalle irridescenze lievissime, opaline, evanescenti in un azzurro chiaro. Dai casolari si alzava un leggero pennacchio chiaro-oscuro come soffice cirro di nuvolette, i tocchi delle campane si perdevano lontano come una nenia materna. I fanciulletti gli si facevano incontro, aggruppatisi come pulcini sotto le ali protettrici della chioccia.

In episcopio, dopo un pranzo, come al solito frugale, consumato con la solita gioiosa armonia in uno coi suoi prediletti, si ritirò in camera, per attendere, sereno, ai doveri del suo ministero.

Il tempo passava inosservato e in silenzio come la morte.

Al pendolo scoccarono le 13. Quei flebili rintocchi sembravano che volessero annunziare lo strazio dell’agonia di una persona cara.

Mons.Vescovo si senti venir meno, le forze si affievolirono lentamente, sentì un fremito come scosso da mano invisibile e pervaso da tremiti e rannuvolamenti, si accasciò prima sulla scrivania poi cadde pesantemente sul duro pavimento. Una paralisi cardiaca lo sorprese d’improvviso, così, come la belva alla preda.

Nelle sue membra percosse serpeggiava la morte.

Dai suoi famigliari ebbe le prime amorevoli cure. Lo raccolsero trepidanti di spavento e tra lacrime e singulti, lo portarono sulle braccia in camera e lo adagiarono sul letto.

Qualche lieve insensibile miglioramento non lasciava adito a speranze, e le ricadute e i battiti irregolari del cuore accrescevano le angustie.

Il medico, chiamato d’urgenza, constatò subito gravità del pericolo.

Il paziente immobile come un tronco abbattuto dal fulmine, però con piena facoltà di mente, invocò il suo vecchio maestro di Spirito al quale chiese la carità di «raccogliere la sua ultima confessione».

Con devozione, fede e sospiri di amore e con affettuosa aspirazione, si preparò a ricevere la visita del Dio del Tabernacolo che venne a portargli la caparra dell’eterna salvezza. Dai suoi occhi sgorgarono lacrime. però nessuna parola. l’amore non parla.

Col Diletto ogni discorso avviene nell’interno dell’anima. Con le mani incrociate sul petto, egli ricevette il Santo Viatico. Stette un po' in silenzio poi con voce debole ma chiara pronunziò: o Gesù, Voi siete tutto mio; ancora un poco, ed io sarò tutto vostro, per sempre! All’Arcivescovo Mons. Cleto Cassarti accorso da Sassari, il Vescovo morente rivolse parole di ringraziamento per essere venuto «a dare l’ultimo saluto al suo confratello sull’orlo della tomba» E rispose con piena riconoscenza alle belle e sante esortazioni dell’Arcivescovo, e dopo averne ricevuta Ia benedizione, con affetto paterno, alzò la sua mano stanca a benedire tutti i canonici, sacerdoti e famigliari presenti alla commoventissima scena.

All’Arciprete Can. Virdis che gli domandò, lacrimante e premuroso, del suo stato di salute disse: «siamo tuttora sulla terra» In queste parole echeggiava la nota evidente della nostalgia anelante alla felicità eterna.



[1] Young – Night Thoughis

[2] Gautier- Poesies, L’Horloge

[3] DridenPalamondan Arcite, III

[4] Longellow - Resignation

[5] Plutarco - Frammenti

[6] Salmo XXIV, 6, 2, 22.

[7] San Paolo – Epistola ai Tessalonici IV, 1, 7.

[8] San Matteo – Vangelo XVII, 19.

[9] Salmo XXIV, 17, 13.

                                                
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