Tramonto LuminosoYoung, poeta inglese, autore del famoso poema «Le notti»,
scrisse: La nostra nascita non è che la nostra morte incominciata».[1]
Concetto ripetuto dal Poeta, romanziere, critico francese Gautier che
dice: «nascere è incominciare a morire».[2] Verità predicata, prima di qualsiasi altro uomo, dalla
sacra scrittura, che ci avverte: «tutti i giorni moriamo.» Non a torto Dryden, celebre poeta inglese, dice: «il
mondo è un albergo e la morte è la fine del viaggio».[3]
Ed il suo collega nord-americano Longfellow, giudica:«non vi è morte! Ciò
che così sembra è un semplice passaggio»[4]
E lo storico moralista greco, Plutone, dice che: «la morte dei giovani è
un naufragio, quella dei vecchi è un approdare al porto».[5] Mos. Bacciu, durante la sua esistenza, ripeteva a sé
stesso: ricordati che devi morire e per richiamare alla mente questa
grande verità, aveva sempre davanti agli occhi, sulla scrivania, un
teschio umano modellato sul gesso. La morte quindi lo colse d’improvviso ma non
impreparato. Fin dalla nascita, cioè quando incominciò a morire
nell’albergo paterno s’era preparato per raggiungere il porto. La mattina del giorno 8 maggio 1914, seconda domenica di
quaresima, Mons. Bacciu, aveva assistito alla Messa solenne e ascoltata la
predica quaresimalista. Il celebrante, vestito degli abiti di penitenza,
con voce chiara lesse l’introito: Ricordati, o Signore, delle tue
misericordie che sono eterne, affinché i nostri nemici non abbiano mai a
dominarci: liberaci, o Dio d’Israele, da tutte le nostre afflizioni»[6] Il suddiacono intona: «Vi preghiamo e scongiuriamo nel
Signore Gesù, che, avendo da noi appreso in qual modo dobbiate diportarvi
per piacere a Dio, così vi diportiate, affinché progrediate sempre più»[7] Il diacono canta: «In quel tempo, Gesù presi con se
Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello, li condusse sopra un alto monte,
in disparte. E si trasfigurò in loro presenza, e il suo viso risplendé
come il sole, e le sue vesti divennero bianche come la neve»[8] I cantori intonavano: «Le tribolazioni del mio cuore si
sono moltiplicate: deh! o Signore, liberami dai miei affanni »[9]
Beati quelli che osservano la legge ed in ogni tempo praticano la
giustizia. Signore, visitaci con la tua salvezza». Il predicatore declama: «Che importa all’uomo se
guadagna tutto il mondo e perde l’anima ?». Tutta
la liturgia del giorno aveva tonalità profetica. Il
Vescovo, ritto sulla sua persona, alzò gli occhi in alto, distese le
braccia con ampio gesto, come se volesse stringere in paterno affetto,
tutti i diocesani presenti e lontani, e impartì l’ultima solenne
benedizione con una tenerezza vasta come la Provvidenza. Il sacrista si aggirava tra le
navate della chiesa raccogliendo l’obolo di San Pietro. Quando il degno presule, ancor
profumato d’incenso, uscì dalla cattedrale, una luce dolcissima lo baciò
in fronte e la brezza che passava con la tenuità di un sospiro, sembrava
che gli dicesse: addio! Le prime rondini, senza garriti,
svolazzavano in alto, su per il cielo dalle irridescenze lievissime,
opaline, evanescenti in un azzurro chiaro. Dai casolari si alzava un
leggero pennacchio chiaro-oscuro come soffice cirro di nuvolette, i tocchi
delle campane si perdevano lontano come una nenia materna. I fanciulletti
gli si facevano incontro, aggruppatisi come pulcini sotto le ali
protettrici della chioccia. In episcopio, dopo un pranzo, come
al solito frugale, consumato con la solita gioiosa armonia in uno coi suoi
prediletti, si ritirò in camera, per attendere, sereno, ai doveri del suo
ministero. Il tempo passava inosservato e in
silenzio come la morte. Al pendolo scoccarono le 13. Quei
flebili rintocchi sembravano che volessero annunziare lo strazio
dell’agonia di una persona cara. Mons.Vescovo si senti venir meno,
le forze si affievolirono lentamente, sentì un fremito come scosso da
mano invisibile e pervaso da tremiti e rannuvolamenti, si accasciò prima
sulla scrivania poi cadde pesantemente sul duro pavimento. Una paralisi
cardiaca lo sorprese d’improvviso, così, come la belva alla preda. Nelle sue membra percosse serpeggiava la morte. Dai suoi famigliari ebbe le prime amorevoli cure. Lo
raccolsero trepidanti di spavento e tra lacrime e singulti, lo portarono
sulle braccia in camera e lo adagiarono sul letto. Qualche lieve insensibile miglioramento non lasciava adito
a speranze, e le ricadute e i battiti irregolari del cuore accrescevano le
angustie. Il medico, chiamato d’urgenza, constatò subito gravità
del pericolo. Il paziente immobile come un tronco abbattuto dal fulmine,
però con piena facoltà di mente, invocò il suo vecchio maestro di
Spirito al quale chiese la carità di «raccogliere la sua ultima
confessione». Con devozione, fede e sospiri di amore e con affettuosa
aspirazione, si preparò a ricevere la visita del Dio del Tabernacolo che
venne a portargli la caparra dell’eterna salvezza. Dai suoi occhi
sgorgarono lacrime. però nessuna parola. l’amore non parla. Col Diletto ogni discorso avviene nell’interno
dell’anima. Con le mani incrociate sul petto, egli ricevette il Santo
Viatico. Stette un po' in silenzio poi con voce debole ma chiara pronunziò:
o Gesù, Voi siete tutto mio; ancora un poco, ed io sarò tutto vostro,
per sempre! All’Arcivescovo Mons. Cleto Cassarti accorso da Sassari, il
Vescovo morente rivolse parole di ringraziamento per essere venuto «a
dare l’ultimo saluto al suo confratello sull’orlo della tomba» E
rispose con piena riconoscenza alle belle e sante esortazioni
dell’Arcivescovo, e dopo averne ricevuta Ia benedizione, con affetto
paterno, alzò la sua mano stanca a benedire tutti i canonici, sacerdoti e
famigliari presenti alla commoventissima scena. All’Arciprete Can. Virdis che gli domandò, lacrimante e
premuroso, del suo stato di salute disse: «siamo tuttora sulla terra» In
queste parole echeggiava la nota evidente della nostalgia anelante alla
felicità eterna. [1] Young – Night Thoughis [2]
Gautier- Poesies, L’Horloge [3]
DridenPalamondan Arcite, III [4] Longellow - Resignation [5] Plutarco - Frammenti [6]
Salmo XXIV, 6, 2, 22. [7]
San Paolo – Epistola ai Tessalonici IV, 1, 7. [8]
San Matteo – Vangelo XVII, 19. [9]
Salmo XXIV, 17, 13. l-camillo.com |