Il
respiro intanto Si faceva sempre più affannoso e una sete atroce - la
sete della morte - lo tormentava: assaporava stilla a stilla l’agonia. Seguì,
mentr’era ancora nella più perfetta lucidità di mente e di giudizio,
l’Estrema Unzione. Per procurargli di qualche giorno la vita, gli furono
praticati, secondo i metodi del tempo, alcuni salassi, ai quali il Vescovo
si sottomise, benché la cosa gli ripugnasse. Tutto venne accolto da lui
con rassegnazione e pazienza. Durante giorni della malattia mai uscì dal suo labbro una
parola di lamento o di sconforto. In perfetta conformità ai divini
voleri, guardò in faccia la morte con occhio sereno. Come
un padre sul letto delle sue agonie ama circondarsi dei suoi figli per
rivolger loro l’ultima parola e per dare ad essi l’estrema
benedizione, così il maestro e l’educatore acconsentì, ben volentieri,
a ricevere i sacerdoti che gli erano discepoli e figli spirituali. Parlare
non poteva, ma il cuore si spalancava ancora per accoglierli tutti dentro,
e quella serenità che gli si leggeva negli occhi spenti, era la sua
ultima predica. Era sulla soglia dell’eternità. Ripeté più volte «Gesù
mio misericordia », volle baciare ancora il crocefisso e dopo di aver
implorata la grazia della perseveranza finale, mandò un sospiro e la sua
anima spiccò il volo verso il trono di Dio, mentre il sole mandava
l’estremo saluto nel crepuscolo d’oro. Nella camera alto regnava il silenzio: gli astanti
versavano lacrime di cordoglio, era un pianto tacito, benefico: quel
pianto invece di soffocare libera, invece di acuire la pena la stempera e
la placa. Un bel morire tutta la vita onora.[1]’ L’operaio evangelico doveva cogliere il frutto delle
fatiche, sostenute nella vigna del Signore. Le prime ore della sera calavano sopra Ozieri. Più
nessuna luce nel cielo, che acquistava quella tinta grigia piena di
malinconia, e che stendendosi sulla città, sulla cerchia dei monti,
toglieva a tutto ogni rilievo, e in una bruna uniformità di aspetto
fondeva tutte le sfumature del paesaggio.. La morte del buon Vescovo, caduto sulla breccia con le
armi in pugno come una sentinella vigile, fin dalle prime ore del mattino,
prese un carattere di un avvenimento pubblico. S’erano chiuse le
botteghe, sospeso il commercio e tutti si erano portati all’episcopio
che fu invaso in un istante e al di fuori la folla manifestava
clamorosamente la sua impazienza di entrarvi. Tutta la popolazione poté
soddisfare la sua devozione ed apportare il suo tributo di pietà alla
memoria dell’estinto. Il ferale annunzio, diffusosi con la velocità della
folgore anche per tutta la Diocesi, era stato portato da tanti beneficati
e suscitò dovunque un rimpianto generale e profondo. Fu un accorrere
continuo di gente di ogni ceto che manifestavano coi segni del dolore più
vivo, quelli della venerazione. Affluivano poveri, ricchi, semplici
popolani, distinte persone, sacerdoti, fanciulli, a fine di rimirar per
l’ultima volta la salma, rivestita degli abiti pontificali, esposta
nella camera ardente, parata a lutto e adorna di luci. Il popolo si prostrava ai piedi del catafalco, e implorava
la protezione di colui del quale si spesso ne aveva sperimentata la bontà
ed ammirata la virtù, poi nei trasporti di dolore e di fede, gli
baciavano le mani, i piedi, l’abito, il crocefisso che teneva fra le
mani, sul petto. La sua fisionomia aveva un non so che di amabile soavità. ……… A generosi Giusta di gloria dispensiera è
morte.[2] l-camillo.com |