Filippo Bacciu - Vescovo di Ozieri

  

Il Testamento

Per avere ingresso nella «Civitas Dei», Sant’Agostino insegna, che bisogna amare il prossimo indipendentemente da ogni altro rapporto, perfino di sanguinità, condizione che potrebbe apparire disumana ma logica, la legge universale vieta infatti che agli amori particolari si prenda pretesto per non aiutare l’amore universale.

A tutti i suoi seguaci, indistintamente, Cristo insegna: «ama il tuo prossimo come te stesso», «fa del bene anche a chi ti perseguita», «dà a chi chiede, e non voltar le spalle a chi desidera da te qualche cosa»[1]

Così il Vangelo, espressa volontà di Dio.

«La Sacra Scrittura - dice un poeta inglese -libro dei libri, il deposito e il magazzino della vita e della consolazione »[2]

Il poeta lirico tedesco afferma: «La fede è un arcobaleno esteso fra cielo e terra; una consolazione per tutti, pure per ogni pellegrino » [3], e l’autore inglese del famoso poema Le notti, aggiunge: «La fede fabbrica un ponte da questo mondo all’altro».[4]

Sulla linea di colmo di questo esteso ponte e sul vertice di questa immensa parabola, sinonimo di vita vissuta, ogni fedele cristiano dovrebbe accumulare tutti i suoi tesori, tanto spirituali come temporali, per farne una generosa offerta, o meglio una doverosa restituzione a Dio, dispensatore di talenti.

Mons. Bacciu offrì l’anima, la parte migliore, al Creatore e gli altri beni di fortuna, a beneficio dell’umanità sofferente.

Le due offerte, unite in un solo fascio, tendevano al raggiungimento dell’altra sponda del ponte e dell’arcobaleno che, come la scala vista in sogno da Giacobbe, poggiava sull’ultimo fine, cioè in Dio, l’Eterno rimuneratore.

Dio - dice il talmud - non chiede che il cuore: il nostro Vescovo vuole dare a Dio non solo il cuore ma anche la sua anima. la sua mente, le sue forze, tutto se stesso. Diede a Dio prima di ogni altra cosa l’anima. Apriamo il suo ultimo testamento olografo in cui si legge, «Oggi 1 gennaio 1909, io sottoscritto col presente testamento da me datato, scritto e firmato, nel pieno possesso delle facoltà mentali, ed in perfetta salute, dichiaro l’ultima mia volontà.

Protesto anzitutto che voglio morire nel seno della Chiesa Cattolica, Apostolica Romana, approvando e insegnando tutte e singole la verità e dottrine, approvate ed insegnate, dal Vicario di Gesù Cristo e riprovando quanto esso riprova e condanna.

Raccomando l’anima mia alla Misericordia Divina, alla protezione della gran Madre di Dio, Maria Santissima e del castissimo Sposo San Giuseppe, dell’Arcangelo San Michele, del mio Angelo Custode, del serafico patriarca San Francesco del quale mi glorio figlio del terz’ordine, del Martire Sulcitano Sant’Antioco, patrono di questa Diocesi».

Ha lasciato una cospicua somma in danari devoluta a diverse assegnazioni: alla Cattedrale di Ozieri ed al curato di Buddusò per celebrare annualmente due anniversari solenni in suffraggio della sua anima; ai Sacerdoti della diocesi in applicazione messe, così anche ai Signori del Capitolo; alla Cattedrale e alla parrocchia di Buddusò per celebrare, ciascuna, dopo la sua morte, tre Messe solenni cantate, e rispettivamente altre due alla parrocchia di Santa Lucia, ai Cappuccini, al Seminario, alle Filippine, alla chiesa del Rosario e tante messe dette per quanti sacerdoti celebravano nella camera ardente, nonché due solenni festività in onore dell’Invenzione ed Esaltazione della Croce.

Dice l’Anonimo: «Se vuoi salire fino al cielo, devi scendere fino a chi soffre e dare la mano al prossimo».

Con tutto che Mons. Bacciu, in vita, abbia dato l’elemosina al povero, gliene faceva un’altra, forse non meno gradita, quella della parola, confortandolo e alleggerendogli le sue sofferenze.

Dava generosamente ai bisognosi perché del buon samaritano è il regno dei cieli e perché consapevole del consiglio evangelico dato da San Bernardino da Siena: «Se vuoi che la tua roba moltiplichi, usa di dare limosine. 0 tu che hai della roba assai e tiella amontinata, mai non la trovarai crescere, mai non farà frutto».[5]

La sua generosità sopravvive fin dopo la sua morte.

La carità del buon Vescovo arse in olio d’amore e brilla col suo raggio anche nella tenebre del sepolcro.

Con disposizione testamentaria da pubblicarsi dopo il suo decesso, lasciò generose oblazioni al seminario per fondare un posto gratuito a beneficio d’uno studente chiamato al sacerdozio; alla Cattedrale e alla Parrocchia di Buddusò per un oggetto di qualche pregio; alle suore Filippine «per educare ed istruire nei lavori personali, fanciulle abbandonate e prive di sussistenza»; all’Ospedale Civile, all’Asilo Infantile, al ricovero di Mendicità, ai poveri di Ozieri e di Buddusó «per contribuire ai loro bisogni», all’Ordinario Diocesano, per un corpo di missioni, possibilmente ogni quattro o cinque anni, da tenersi nel suo paese d’origine, ai singoli componenti il personale di servizio, un letto in ferro, con materasso, co­perte, lenzuola, sedie, e il servizio ordinario allora in uso in cucina e nella mensa.


[1] San Matteo – Vangelo V, 42.

[2] G. Herbert – A Priest to the Temple, 4

[3] K. Geibel – Spatherbst blatter

[4] Young – Nighy Thoughts, VIII

[5] San Bernardino - Prediche

Aggiungiamo alle parole del celebre poeta lirico tedesco :«Una cassa di Dio è la pancia vuota del povero, e chi la riempie riempie anche la volontà di Dio»,[1] le altre dello scrittore politico pure tedesco:

«Viene lodato come grato chi narra del beneficio ri­cevuto; ma colui è più grato che dimentica il beneficio per ricordarsi del benefattore »[2]

Concludiamo con le parole del Vangelo :«Fate del bene e grande sarà il vostro premio, e sarete figli dell’Altissimo, che è benigno anche con gli ingrati ed i cattivi. Siate dunque misericordiosi come anche il vostro padre è misericordioso. Date e vi sarà dato: vi sarà versato in seno una misura buona e traboccante».[3]


[1] Ruckert – Weisheit des Brahmauen, 16, 3, 21.

[2] L. Borne Benkrede auf Jen Paul

[3] San Luca – Vangelo, VI, 35, 96, 38.

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