La provvidenza spingeva gradatamente in alto il giovine
sacerdote: non faceva che salire verso le vette. Uomo di grande equilibrio
mentale, ricco di tanti doni e prerogative che lo rendevano accetto a Dio
e agli uomini. Era una lampada che non poteva rimanere sotto il moggio. Nel 1875, in seguito a concorso, vinto con splendida
votazione, venne nominato Canonico – Parroco della Cattedrale di Ozieri.
Gioì per il nuovo vasto campo di bene che gli si apriva. Nel suo mirabile
lavoro non badava alla fatica, che qualche volta rappresentava per la
natura un dovere non facile, ma che l'interno ardore tramutava sempre in
occasiono di bontà e di sorriso, di prontezza e di premura. Sorretto da
un equilibrio costante Si studiava di istruire i fanciulli, di sollevarli innanzi
a se stessi, abbellirli di nuova dignità, di formarne dei cittadini utili
alla patria e dei cristiani convinti ed osservanti. Li illuminava
nell'intelligenza, li purificava nel cuore, in una, parola, specie
nell'insegnamento del catechismo, coltivava, amorosamente E i giovani che cominciavano a sentire il bisogno di
riflettere su sé stessi in una forma di analistica introspezione,
osservava attentamente per scorgere il primo affermarsi della personalità,
per aiutarlo nella formazione del carattere, facendoselo amico. Era
l'araldo di quel Gesù il quale venne a portare il fuoco sulla terra e non
desiderò altro che di accendersi. Era un vero maestro di spirito e soprattutto educatore, un
forgiatore e plasmatore di coscienze, incaricato della formazione di tutto
l'uomo. Sentendo la penuria di ministri del santuario nell'urgenza del
lavoro apostolico, passava in primo piano il problema delle vocazioni. Suscitava e raccoglieva le vocazioni, servendosi all'uopo
della preghiera e dell'azione individuale e collettiva, e soprattutto
dell'efficacissimo mezzo dell'esempio di una vita sacerdotale integerrima
e sacrificata. Oggetto delle sue spirituali cure era pure l'uomo, l'uomo
adulto che già ha compiuto la sua definitiva scelta per la vita, che si
è impegnato per una data professione, che si è scelto una sposa e con
lei ha formato una famiglia. Non dimenticava la classe operaia che è una realtà viva.
La giudicava come un segno di una commovente solidarietà umana che poteva
essere la base di edificante solidarietà spirituale. Volete la fortuna ? - diceva ai lavoratori - perseverate
nel lavoro. « E' degno l'operaio della sua mercede.» San
Paolo - Timoteo, V, 18. In ogni tempo il lavoro addolcisce la
vita, « Ove l'ozio signoreggia, ivi non riluce raggio d'ingegno,
ivi non vive pensiero di gloria e d'immortalità, ivi non apparisce ne
immagine, ne pur mostra vestigio alcun di virtù ». T.
Tasso - Orazione per l’ apertura dell’ Accademia. « Assai è tristo colui che potendo avere il fuoco si
lascia morir di freddo, avendo il cibo innanzi si lascia morir di fame». S.
Caterina da Siena - Pensieri e sentenze 16. E ai datori di lavoro indirizzava le parole di San Paolo:
«Padroni, date ai vostri sottoposti ciò che è secondo la giustizia e
l'uguaglianza, sapendo che La tenera devozione alla Vergine Immacolata, il fiore
immacolato ed olezzante della pietà cristiana, la premurosa titolare
della sua parrocchia, lo trasse all'acquisto di molte virtù e formò
l'oggetto preferito delle sue predicazioni. Profondo nei concetti e
fiorito qualche volta anche nella forma, celebrava le prerogative di Maria,
la sua potente intercessione, la sua bontà e misericordia. Molte società
sorsero e fiorirono sotto la sua oculata direzione. In una delle più suggestive pagine del « Quo Vadis »
Vinicio domanda all'apostolo Pietro: «La Grecia creò la bellezza e la
sapienza; Roma la forza; ma i cristiani che ci recano mai? » « Noi
rechiamo l'amore», risponde Pietro. E l'amore predicava il giovine parroco perché seguace del
Cristianesimo che è la religione dell'amore, è fondato sull'amore e
predica all'umanità una legge di amore, di un amore che è Dio, di un
amore che è Gesù Cristo, di un amore che è speranza La missione del Parroco era come quella di Gesù nella
terra: missione di bontà e di luce. Gesù passava in mezzo alle folle
spargendo con divina generosità le sue beneficenze, comunicando i suoi
doni, stendendo la sua mano che guariva. Il parroco inebriato della
letizia dello Spirito Santo, come gli apostoli, sotto la pressione
dell'amore di Dio, illuminato da una fiaccola di luce, predicava
l’amore, « Sono malato e infelice » scriveva con profonda
tristezza Gabriele D’Annunzio un pò prima della sua morte. Ultime
parole vergate da colui che aveva scritto un'intera biblioteca di opere
per cantare il piacere e farne l'idolo unico di tutta la sua vita. Gli
mancava la fede. Il canonico parroco raccomandava come condizione
indispensabile della vera gioia, la ricerca di Dio, l’adesione a Lui,
l'accordo della nostra volontà alla sua, una vita vissuta secondo il
dettame della sua legge. Ripeteva che un'anima, totalmente cristiana può
essere veramente e pienamente lieta. Un Vangelo apocrifo ci dice che gli abitanti di Nazareth
avevano dato a Gesù il nome di «Suavitas», amabilità, dolcezza, e che
ne era nata l'espressione: «eamus ad suavitatem, ut hilares fiamus » :
andiamo all'amabilità per acquistate allegria. L'araldo del Signore visitava gl'infermi ai quali
dava suggerimenti di rassegnazione con paterne parole di conforto e andava
loro ripetendo le parole di Cristo: «Non si turbi il vostro cuore... La
vostra tristezza si cambierà in gaudio... Domandate e riceverete... Beati
coloro che soffrono...». Sovveniva le classi indigenti d'aiuto, di
consiglio di danari. Era l'apostolo di pace degli uomini con Dio, con sé
stessi, col prossimo. Era caritatevole : di una carità disinteressata, profonda,
completa. Una carità che permetteva di annullarsi nell'ambiente, di stare
in ascolto di ciascuno prima di giudicare, di comprendere anche quando non
era facile, di aiutare quando sembrava inutile, di correggere anche quando
sembrava impossibile. Soprattutto la sua cordialità era assolutamente
disinteressata, sia sul piano materiale, sia su quello intellettuale, così
riusciva simpatico a tutti. Era coraggioso. Tranquillamente fermo nel proprio mondo
spirituale, pur immerso nel mondo di tutti, possedeva quella calma
audacia, che permetteva di colpire nel momento e nel modo necessario, che
non aveva paura di mettere a nudo scabrosità ed errori da qualunque parte
gli venissero. La calma audacia era testimonio delle verità che serviva.
Sempre in vista della « centesima pecora ». Lasciava dietro di sé tutto
quello ch’era sterile e inutile, e guardava sempre un passo più oltre
sul ritmo dell’ umanità in cammino. A Terranova Pausania, l'odierna Olbia, appartenente alla
diocesi di Ampuria e Tempio, prese parte attiva alla conciliazione
amichevole di una terribile Alla commovente scena in cui le famiglie contendenti,
schierate di fronte si davano l'amplesso fraterno con formale promessa di
una pace duratura e sincera erano presenti, oltre un numero straordinario
di persone, canonico Bacchi e tre vescovi sardi: Diego Marongiu presule di
Sassari, Serafino Corrias vescovo di Ozieri, e Mons. Filippo Campus
vescovo di Tempio, tutti e tre preconizzati da Pio IX nel concistoro del
34 novembre 1871. Fu veramente un fatto meraviglioso il vedere uniti insieme,
in una sola mente ed in un solo cuore, uomini già divisi tra loro da, odi
inveterati, da intestine discordie e da furibonde inimicizie, pronte a
scoppiare in vendette. Oh quanti apostoli di pace della sua tempra
occorrerebbero per ristabilire e consolidare nel mondo la vera pace, dopo
l'attuale tragico e decisivo sconvolgimento. Essendo parroco della cattedrale istituiva e
promoveva speciali devozioni a Nostra Signora del Sacro Cuore di Gesù,
alla Vergine di Lourdes, e adornava la chiesa di altarini e arredi sacri,
con le offerte proprie e del popolo che egli sapeva muovere con la sua
parola pronta ed efficace. Allora offerse anche la vistosa somma di 10
mila lire per sanare le strettezze finanziarie della sua parrocchia. In vista dei suoi meriti, venne annoverato tra gli avvocati
onorari di San Pietro. Il Santo Padre Leone XIII, in occasione del suo
Giubileo Sacerdotale, volle dargli un attestato di riconoscimento per le
sue speciali benemerenze decretandogli la Croce Pro Ecclesia et Pontifico.
Anche il governo del Re, nel 1899 lo insignì della Croce di Ufficiale dei
SS. Maurizio e Lazzaro. Attaccattissimo alla Sede Romana ed al Vicario di Cristo
curò sempre l'Obolo di S. Pietro. Eppure in tanta attività riusciva a
trovare il tempo anche per i suoi diletti libri, per lo studio che
prediligeva. Nella libreria si chiudeva lunghe ore a meditare sui testi
italiani e latini, mentre ogni occasione era buona per approfondire e
consolidare la sua veramente straordinaria cultura. Questa capacità di
ordinare tutta una così vasta attività, stupiva i suoi amici. La varietà delle sue occupazioni era tale da disorientare
chiunque, come lui, non possedesse la sua prudenza, il suo calmo
equilibrio dinamico. Mortificava il corpo affinché non si ribellasse allo
spirito. l-camillo.com |