18 La Storia di Mons. Giovan Battista Demelas


Monsignor "Babbai" Demelas

                    

Un ritratto di Babbai e la sua auto, la prima di tutta la Sardegna

L’altro personaggio formidabile fu Giovan Battista Demelas, figlio di Anastasia Bacciu, consacrato prete nel 19.. Evidentemente non prese i voti di povertà perché fu uomo ricco ed utilizzò i suoi beni per proseguire gli studi in archeologia. Andava in giro in moto e fu uno dei primi a comprare un automobile in Sardegna, cambiando spesso i modelli. Fu molto affabile, aveva buona cultura e amava la musica.

“Babbai”, come lo chiamavano affettuosamente in famiglia, viaggiava spesso e non ha mai rinunciato alla sua vacanza annuale alle terme di Montecatini. Fu di prezioso aiuto a Giacobba quando si  trovò sola dopo la prematura scomparsa del marito ad allevare i figli.

La sua passione per l’archeologia lo ha portato a compiere scavi nei siti nuragici alla ricerca delle origini del popolo sardo. Ha pubblicato molti saggi sulle scoperte archeologiche, otto libri a tema teologico ed una decina su itinerari turistici e archeologici. Lo stile di scrittura è molto bello e scorrevole e dimostra una profonda conoscenza della cultura e dell’uomo; meritano una ristampa perché ancora attuali e di estremo interesse. Vedi l’indice delle pubblicazioni.


Babbai in una escurzione archeologica

La sua vasta collezione di reperti antichi, alcuni di grande valore, vennero reclamati dai musei nazionali. Alla sua morte nel 19.. Babbai lasciò ai suoi eredi un vasto patrimonio culturale, compreso la sua collezione privata di reperti. Ben consapevoli del valore scientifico, gli eredi donarono tutto alla chiesa parrochiale insieme ad una congrua sovvenzione per fondare un museo a nome suo. Gli anni passarono e nulla fu fatto. Gli eredi allora decisero di revocare la donazione e ne fecero uno nuovo al municipio. Purtoppo, il mostro della burocrazia italiana colpì di nuovo spegnendo ogni buon intento civico e di nuovo nulla fu fatto; anzi, peggio, questa volta la collezione sparì misteriosamente.

Uno dei pezzi più importanti della collezione, un’anfora nuragica in bronzo, era in prestito al museo di Sassari e così si salvò. Lì è rimasta e lì, fortunatamente, la possiamo sempre ammirare.

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