Charitas ChristiMons.
Bacciu
sapeva che il portare un tesoro per via è lo stesso che voler farselo
rapine, e perciò nascondeva con ogni studio le virtù e i doni di cui Dio
lo aveva arricchito. Assunto
all’episcopato, appariva non come superiore, ma quale compagno, lungi
dal gloriarsi della sua dignità. Amava
la virtù, simboleggiata nella viola mammola, che, nascosta fra gli sterpi
delle siepi, tramanda un soave profumo, desideroso d’imitare il divino
Maestro, che disse a tutti: «Imparate da me che son mansueto ed umile di
cuore ». Memore
delle parole di San Matteo, « Dà a chi chiede e non voltar le spalle a
chi desidera da te qualche cosa » [1]elargiva
liberamente, perché «Chi dona ai poveri, come dice lo steso V. Hugo,
dona a Dio»[2].
E quando faceva opere di beneficenza seguiva il consiglio evangelico: «Quarido
fai elemosina, la tua sinistra non sappia quello che fa la tua destra»[3] Prediligeva
la povertà che amava non solo con affetto e con la parola, ma anche con
l’opera uniformandosi cosi a quella povertà sublime messa in pratica
da Gesù Cristo che diceva: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli
dell’aria i loro nidi: ma il figlio dell’uomo non ha dove posare la
testa». Credo opportuno riportare qui alcune parole, scritte da un
giornalista di Ozieri, che, nel 1914, in un quadro sintetico ne fa
risaltare i pregi del grande angelo tutelare della diocesi. Con frequenza rivolgeva la sua parola al suo amato popolo,
sia dal pulpito sia per mezzo di lettere pastorali. Alieno dagli onori fu
modestissimo in tutto nella vita pubblica come privata, Questa modestia
anzi poté talvolta sembrare eccessiva, ma in lui non era ostentazione,
bensì vera e propria natura. Figlio del popolo, del popolo conservò sempre le abitudini
semplici e la franchezza, per cui aborri dal lusso e dalla cosi detta «etichetta
» che giudicava cosa superflua. Questa semplicità gli fu compagna anche
nella beneficenza. Mons. Bacciu faceva il bene senza strombazzamenti e
senza pretendere elogi. «La sua mensa episcopale non era ricca e non gli
permetteva quindi di largheggiare. Pure non pochi segni restano della sua
generosità. La sua cattedrale arricchì di un altare marmoreo dedicato a
S. Filippo, e di pregevoli paramenti ed arredi sacri, ed anche ultimamente
fece eseguire nella stessa cattedrale, quasi a tutte sue spese, importanti
lavori di decorazione in stucco ed oro. Importanti opere di restauro eseguì
nella parrocchia del suo paese natio, Buddusò, alla quale, come ad altre
parrocchie povere della dio donò paramenti ed arredi. Mons. Bacciu fu il
fondatore dell’Istituto delle suore filippine, che ha per scopo di
raccogliere ed educare al lavoro le orfane popolane, e questo Istituto
egli ha poi sempre sovvenuto fino agli ultimi giorni della sua vita. E largo sovvenitore fu anche del benemerito ricreatorio
San Giuseppe che trovò nel Vescovo un caldo fautore. Ne va dimenticato
che quando si fondò a Sassari il giornale «L’Armonia Mons. Bacciu fu
uno dei principali oblatori»[4] Questo quadro fa pensare a quanto non vi è ritratto. Molte,
delle sue opere caritatevoli, perché fatte in silenzio, sono ignorate. La
morte, come uno sprazzo di luce, illuminò alquanto l’opera che egli
compiva nell’ombra della disinvolta umiltà. I beneficati conobbero il
cuore che egli ebbe quando il cuore cessò di battere. Allora essi
parlarono: Si contarono e si scopersero in molti. L’Istituto
delle Filippine per il fondatore non significava un nuovo ordine monastico
dedito alla vita contemplativa e claustrale, anacoreta o eremitica, ma una
onesta ricreazione procurata alle giovani, lungi dal pericolo della
strada, un po' di catechismo, un organismo educativo complesso e completo
che abbracciava la pratica di pietà, l’assistenza religiosa, il lavoro,
la formazione della gioventù femminile ad una vita veramente cristiana. La prima superiora, Suor Filippa, al secolo, Lucia Seu,
col suo eloquente esempio, con la sua umiltà, santità e zelo attirava
sul nuovo, provvidenziale istituto, le benedizioni del cielo, Anche Suor
Giuseppina Ghisaura, fedele seguace del moto di San Benedetto da Norcia:
«ora et labora», addestrava le affezionate alunne alla preghiera, alla
meditazione, all’ago ed al telaio. Mons. Canepa, nella citata
orazione funebre, tenuta ad Ozieri in memoria di Mons. Bacciu, disse: «Non
posso dimenticare certamente l’accoglienza fattami nell’agosto del
1910, l’ultima volta lui fu qui per una lieta circostanza, della quale
restai incancellabile nel mio cuore la memoria». Qui allude alle feste celebrate ad Ozieri nei giorni 21 e
22 agosto 1910 per l’inaugurazione solenne dell’oratorio dei Piccoli
Operai di San Giuseppe. Mons.
Bacciu benedisse solennemente la bandiera e pronunciò con parola alata «una
splendida omelia» Fece da padrino Monis. Canepa e da madrina la signorina
Rachele Pietri. La Messa Pontificale venne celebrata dal Vescovo di Nuoro
con l’assistenza del Capitolo di Ozieri. I rinomati cantori della
Cappella Pontificia, Prof. Alessandro Moreschi, soprano, e Prof. Tonio
Comandini, tenore, espressamente chiamati da Rorna, eseguirono, durante la
Messa, scelti pezzi di musica sacra strettamente liturgica. La Banda del
Ricreatorio oltre di aver prestato lodevole servizio in Chiesa, durante le
funzioni religiose, svolse un variato e scelto programma in Piazza
Cantareddu, con un riuscitissimo concerto che riuscì, più volte, a
strappare gli applausi calorosi del pubblico. Dal giornale « La Libertà» di Sassari, anno I, N° 21
del 28 agosto 1910 deprendesi che Mons. Bacciu per l’erigendo
Ricreatorio concorse «con la cospicua somma di L. 1000». l-camillo.com |