Sprazzi di LuceNei
due angeli tracciali sullo sfondo bianco dello stemma di Mons. Bacciu,
erano raffigurate simbolicamente Ia giustizia e la pace. Dice
il celebre imperatore francese che «il dovere dei re è la giustizia»[1]
e il poeta tedesco afferma che «la virtù delle grandi anime è la
giustizia ».[2] Si
legge nella raccolta delle tradizioni rabbiniche che « la pace è per il
mondo quello che lievito è per la pasta.»[3]
e lo storico latino afferma che « Ia concordia fa crescere le cose
piccole, la discordia disperde le grandi ».[4] Mons.
Bacciu, in ottemperanza al suo motto, espressione viva e parlante del suo
cognome, sinonimo di amplesso, fissava sempre la pace in uno con la virtù
morale della giustizia. Era retto, di una rettitudine aureolata di
sfarzosa luce. Nella
distribuzione delle cariche, la sua parola d’ordine era il motto: «unicuique
suum». Però in ogni occasione, per non suscitare nel clero e nel popolo
gelosie e pettegolezzi, era solito, nella parità di meriti, favorire
piuttosto gli estranei (che i suoi parenti). Egli aveva due nipoti figli
dei due fratelli superstiti: uno sacerdote Don Giuseppe Bacciu, L’altro
studente in teologia, chierico Sisinnio Bacciu. Il
primo era indistintamente amato, apprezzato, idolatrato da tutti sia per
la bontà d’animo che per la famigliare popolarità come per il cuore
generoso, grande, magnanimo. Prestò, per un trentennio, lodevole servizio
qual umile vice parroco del suo paese nativo e vi morì a 56 anni, nella
piena efficienza delle sue forze, mentre il sole appariva ancor fulgente
di svariati colori. Il secondo, era d’animo nobile, d’indole buona e
di pietà soda. Spirò nel bacio del Signore, nel Seminario di Sassari, a
27 anni, alcuni mesi prima di essere ordinato sacerdote. Morì mentre sui
campi tra l’austera verdura spuntavano le margheritine, bianche
variegate di rosa. Poteva
il Vescovo dar loro un tangibile atto di predilezione? Era
in sua facoltà promuovere in grado il primo, affidargli posti onorifici e
di responsabilità e poteva benissimo allontanare l’altro, sia pure «ad
tempus» dalla, vita del seminario, non confacente più alla sua salute e
affrettarne generosamente gli studi con molta indulgenza. Non volle. Per
amore alla giustizia e alla pace ebbe sempre orrore del nepotismo che
giudicò funesto e foriero di danni irreparabili. Mons. Bacciu ebbe altri tre pronipoti, giovani nel
sacerdozio, che pure amava con amore più che paterno. Questi, scevri di
arrivismo, non si aspettavano dallo zio, con irrequieta frenesia, il «quod
ego habeo tibi do», ma le parole melate, incisive del Padre comune: «Exemplum
meum do vobis ». Appena
compiuti anche per la Vergine Maria i giorni della purificazione secondo
la legge di Mosè, ella recò al tempio di Gerusalemme il suo Bambino per
offrirlo a Dio. Qui
l’aveva preceduta il santo vecchio Simeone, lo quale lo Spirito Santo
gli aveva rivelato che non sarebbe morto prima di aver visto il Salvatore. Appena
vede la «benedetta fra le donne» col divino Infante tra le braccia, le
corse incontro, le prese il bambino, se lo strinse forte al petto, e
penetrando tra gli oscuri veli del mistero che già vedeva e conosceva,
con linguaggio profetico esclamò «Lascia adesso, o Signore, che se ne
vada in pace il tuo servo secondo la tua parola, perché i miei occhi
videro la salute da te preparata al cospetto di tutti i popoli; luce per
illuminare le nazioni e gloria del popolo d’Israele». Ma
subito dopo questo patetico canto di giubilo, la sua rugosa fronte,
aureolata di canizie, si corrugò, i suoi occhi lampeggiarono di luce
divina, la sua voce si fece solenne, quasi cupa, e, rivolgendosi a Maria,
soggiunse: «Questo tuo Bambino, o donna, è destinato ad essere segno di
risurrezione di molti e a diventare un segno di contraddizione,[5]
e la tua anima sarà trafitta dal dolore »[6] Così
parlò il santo vecchio Simeone alla Vergine Santissima, e queste parole
profetiche dovettero essere per lei, se non un lampo di luce, perché già
superbamente illuminata, certo una dolorosa conferma e stringendosi con un
brivido al cuore il Bambino che sorridente la guardava, comprese la
grandezza del sacrificio che stava per compiere con l’offrirlo al
Signore. Per
33 anni Maria «moriva vivendo, portando un dolore più crudele della
morte»[7] Mons.
Bacciu, già con le rughe sulla fronte, apprese, con vivo compiacimento,
la ben meritata nomina di Vescovo a San Marco Argentano e Bisignano, del
suo prediletto figlio Canonico Salvatore Scanu, parroco della chiesa di
Santa Lucia, in Ozieri. Il «Babbai » dei suoi parrocchiani e di tutta Ia
città. L’amico affezionato dei grandi e dei piccoli frugoli, da lui
scherzosamente chiamati «busazzi e busazzeddos». Lo
consacrò, nella cattedrale, Mons. Bacciu che lo vide ascendere
all’artistico altare ricco di marmi, e sfarzosamente illuminato da
tremoli fiammelle, tra i riflessi dei paramenti aureati, in mezzo ad una
fiumana di popolo festante, raccolto in preghiera, nel sacro recinto
profumato d’incenso. Alla fine della solenne cerimonia, il Vescovo consacrante,
ilare, sorridente, diede l’abbraccio di pace al neo eletto, subito dopo
il suo, cuore ebbe un balzo, fissò per un istante, in alto, i suoi occhi
che sembravano riflettere una visione beatifica, poi la sua maestosa
fronte si corrugò Prese fra le mani la croce d’oro che pendeva sul
petto del neo consacrato, trepidante d’amore divino, profumato d’olio
e di balsamo, e il tono profetico gli disse: «Oh, Salvatore, se tu
sapessi quanto è pesante questa croce ». Cosi dicendo lasciò cadete qualche furtiva lagrima. Mons.
Scanu era tutto compreso della grandezza della dignità episcopale e nelle
parole profetiche del tanto amato vecchio presule vide una ben dolorosa
conferma delle spine che avrebbero trafitto e amareggiata la sua oblazione
durante la via del Calvario. [1]
Napoleone – Pensée [2]
Aug. Graf von Platen – Die werhangnisvolle Gabel [3]
Talmud – Derech Erez [4]
Sallustio – De Bello Jugurtino.10 [5]
San Luca Vangelo II, 34 [6]
San Luca Vangelo II, 35. [7]
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