| Le invasioni della Sardegna
Nei secoli
      successivi, in virtù della posizione strategica in mezzo al Mediterraneo,
      la Sardegna è stata preda di pirati e vandali. Non c’è da stupirsi,
      quindi, che i sardi, ben consci dei pericoli provenienti dal mare, abbiano
      costruito la maggior parte delle loro città all’interno. Le incursioni
      dal mare continuarono fino a tempi recenti come ricordavano alcuni degli
      abitanti più anziani.
      
      
      
       Per esempio, in Costa Smeralda, la famiglia Orecchioni,
      fino agli inizi del ventesimo secolo, si nascondeva nelle caverne naturali
      di Liscia di Vacca per sfuggire ai pirati.  Il picco più alto, Monte Moro, era così chiamato perché
      punto d’osservazione contro i Mori e il Monte Canaglia è il luogo dove
      si erano insediati dei malviventi. Alcuni cognomi del posto portano ancora
      le tracce del passato come “Ragnedda”, cattivo come un ragno; oppure
      il nome di luoghi come Lu Saraghinu, “il Saraceno”, La Petra de li
      Tulchi, la roccia dove i turchi attraccarono.
      
      
      
       Alcune famiglie anocra ricordano eventi del passato come
      quello di una madre che aveva lasciato il bambino a giocare sulla spiaggia
      mentre lei raccoglieva bacche nelle vicinanze. Quando è tornata ha visto
      i saraceni allontanarsi in barca con suo figlio. E’ impazzita dal
      dolore. La chiamavano “La scasciata d’Agnula Maria”, Angela Maria la
      Pazza. La famiglia Casalloni, che oggi risiede a San Pantaleo, l’ha
      scampata bella. Fortunatamente i loro figli, Setafno e Luca, si trovavano
      sotto un ulivo quando i mori hanno saccheggiato la loro casa. In
      riconoscenza del pericolo scampato, la famiglia ha donato alla chiesa una
      bandiera dell’Ottocento.                          
          Un’altra indicazione della paura che la gente aveva
      degli invasori provenienti dal mare si può riscontrare nelle vecchie case
      costruite sulla costa: non avevano vista 
      mare. Venivano sempre costruite in modo che non potessero essere
      avvistate dal mare. Inoltre, i sardi non hanno una tradizione di pesca e i
      pochi pescatori provenivano da fuori, dalle isole Pontine vicine al
      continente e oggi sono i loro discendenti che continuano la tradizione. 
      
      
      
       E’ un curioso destino che la recente prosperità
      economica della Sardegna provenga proprio dal mare, dagli invasori estivi
      – i turisti. E una conseguenza di questa invasione è stata un numero di
      matrimoni misti con italiani del continente, con tedeschi, svizzeri,
      inglesi, francesi, scandinavi e anche con australiani.
      
      
      
       Attualmente vi sono nuovi arrivi dai paesi dell’est come
      la Polonia, la ex Yugoslavia, l’Albania, la Russia e anche dall’Africa
      con giovani che vendono le loro merci sulla spiaggia. Sicuramente
      nasceranno nuovi amori nelle discoteche e le nascite da future unioni
      porteranno cambiamenti ulteriori al patrimonio genetico del popolo sardo.
      
       
      
       Quindi, possiamo concludere che il popolo sardo di antica
      stirpe è rimasto isolato per migliaia di anni. Periodicamente si è
      mescolato con cromosomi di altre razze. Al contrario, in continente, le
      razze hanno avuto molta più possibilità di mescolarsi e quindi di
      acquisire nuove caratteristiche. Si può tranquillamente dire che oggi gli
      italiani continentali sono più vicini geneticamente ai tedeschi che non
      ai sardi anche se vivono nello stesso paese e provvengono dalle stesse
      antiche tribù.
       
       Questo dimostra come le razze, attraverso matrimoni
      pacifici o tramite violenze, siano in continuo cambiamento e sviluppo.
      Oggi siamo un prodotto del nostro passato e per conoscerci bene è
      importante conoscere coloro che ci hanno preceduto. Da tutto ciò possiamo
      anche capire quanto l’odio razziale sia pura follia perché, in fondo,
      siamo tutti imparentati e probabilmente siamo molto più simile di quello
      che pensiamo.
      
      
      
       Da un punto di visto linguistico, i romani sono coloro che
      hanno lasciato maggior traccia: la lingua sarda è basata sul latino.
      Infatti, è il miglior esempio “vivente” di come doveva “suonare”
      il latino. L’isolamente delle zone centrali della Sardegna hanno aiutato
      a preservare la loro lingua per più di 2000 anni.
      
      
      
       La grammatica, comunque, è tutt’altra faccenda. E, in
      effetti, non si sa se i sardi l’hanno mai imparata. Dante Alighieri ha
      scritto che, “I sardi mimano la grammatica latina, come le scimmie
      mimano gli uomini, perché dicono ‘domus nova et Dominus meus’”.
      
       
      
       Invece, le zone abitate della costa hanno subito le
      influenze degli invasori: la zona di Alghero, il dialetto catalano della
      Spagna; le zone della Gallura e di Carloforte, il dialetto e
      l’inflessione genovese.
      
      
  
                                               
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