Si dice che il
nome Satta era originariamente “S’atta” che vuol dire “bordo del
coltello” e che derivasse dai pirati provenienti dal nord dell’Europa.
Questo spiegherebbe l’altezza media più alta dei Satta e i loro occhi e
carnagione più chiari. Esiste un filo che collega la Sardegna con l’estremo
nord dell’Europa: un ballo sardo chiamato “Scottis”, simile al
caratteristico ballo scozzese e identitico ad un ballo locale di Bergen in
Norvegia. Forse i vichinghi sono davvero riusciti a navigare così a sud
in qualche periodo della loro storia. Anastasia Altana Bacciu, madre di Babbai e Giovanna, terza di destra nella foto sopra Anastasia Altana ha sposato un Bacciu e ha dato alla luce
Giovanni Battista, che sarebbe diventato sacerdote, conosciuto
affettuosamente come “Babbai” e a Giovanna Anna. Questa figlia avrebbe
poi sposato un altro Bacciu, Giovanni. Da questa unione sono nate quattro
figlie, Maria, Giovanna, Teresa e Giacobba. Quest’ultima ha sposato
Giovanni Satta da Ozieri. Una ricerca araldica del nome Satta ha fornito i seguenti
dati: “Famiglia della Gallura (zona nord-est della Sardegna) le cui
origini risalgono al sedicesimo secolo. Un certo Angelo Satta, nel 1502,
ottenne la giurisdizione di podestà di tutta la zona del Coghinas dal
Conte d’Oliva. Questa podestà è stata mantenuta fino al 1596 dai suoi
discendenti. Uno di loro, Antonio, fu fatto cavaliere; i suoi figli furono
ammessi al corpo militare ……… nel 1626 durante il parlamento Vivas e
da allora fu permesso a loro di frequentare tutte le sedute parlamentari.
I figli di Antonio hanno formato due branche separate della famiglia: a)
Giovanni Antonio continuò a vivere a Tempio ed ebbe due
figli che a loro volta formarono due altre branche; Giovanni Battista
continuò la stirpe Satta a Tempio che poi andò ad estinguersi nel
diciottesimo secolo; Giovanni Antonio si stabilì a Nulvi dove i suoi
discendenti hanno continuato a vivere. Lo stemma dei Bacciu Lo stemma dei Satta b)
Da Giovanni Maria, l’altro figlio di Antonio, si è
sviluppata un’altra branca che si è moltiplicata nel corso dei secoli.
Suo figlio, Francesco, visse a Bitti e nel 1642 divenne cavaliere per via
ereditaria e anche lui fu ammesso nel corpo militare …… Suoi figli
diedero vita a tre diverse branche: da Pietro, che viveva a Buddusò,
discesero i Satta di Pattada e di Bonorva. Nel 1777 fu riconosciuto nobile
insieme ai fratelli Antonio Michele, un prete, Giuseppe Pietro e al loro
nipote Filippo. Da Francesco discesero i Satta Apeludi di Bitti e una
parte si è trasferita a Mamoiada e a Gavoi, nel diciottesimo secolo. Familia Bacciu - Cliccare per ingrandire Giovanni Satta nacque a Tula, unico discendente diretto
della famiglia Chessa, ricchi proprietari terrieri. Insegnava nelle scuole
superiori. Sposò una ragazza di Buddusò, Giacobba Bacciu, nel 1938 e si
trasferì in continente. Vissero in una casa di loro proprietà a
Frascati, paese delizioso dei Castelli Romani alle porte di Roma, famoso
per il vino bianco leggero. Giovanni insegnava in due istituti: il Nobile
Collegio Mondragone e Villa Sora. Queste scuole erano frequentate dai
figli della nobiltà italiana e Giovanni ebbe anche degli allievi
illustri. I coniugi Giacobba e Giovanni Satta Durante la guerra, i tedeschi occuparono la principesca
Villa Aldobrandini di Frascati, Quando ne uscì vide che tutto il paese era raso al suolo.
La sua casa di nove stanze con
mobili antichi di famiglia e la loro cantina piena di regali di nozze
ancora incartati e grandi scorte di olio d’oliva, fu centrata in pieno
da una bomba incendiaria. Fu completamente distrutta e il fuoco durò
cinque giorni. I letti in ferro battuto, le posate d’argento, i gioielli
tutti fusi in un solo ammasso di ferro. Non poterono recuperare nulla.
Avevano perso tutto. Oggi, vicino alla chiesa, dove una volta si trovava
la casa, c’è una piccola piazza. Giovanni era a Roma quel giorno e vide il bombardamento da
lontano. Corse a Frascati temendo il peggio e trovò la moglie e la
bambina in preda allo shock, ma erano vive. Con infinita tristezza
scescero a Roma e affittarono una casa che era appartenuta all’ingegnere
Bernabei, un ebreo, che fu vittima innocente dei nazisti. Fu una delle 120 persone scelte a caso e spedite alla cave
Ardeatine e trucidate in rappresaglia dei 12 soldati tedeschi uccisi da
una bomba partigiana in Via Rasella a Roma. Ancora oggi si possono vedere
sulle case i segni della deflagrazione e le Fosse Ardeatine sono diventate
un monumento nazionale.
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